a cura di Sara Novello
La proposta di transizione che vede protagonisti i due anni post Brexit suggerita da Bruxelles “in stile norvegese” è stato accettata, in linea di principio, dalla Premier Theresa May, non soddisfacendo però i deputati conservatori che vedono in questa transizione una situazione di vassallaggio della Gran Bretagna all’Ue. Un sondaggio condotto tra i parlamentari conservatori ha indicato come tre quarti di essi si oppongono a una transizione in cui la libera circolazione dei cittadini dell’Ue continua. L’Inghilterra, infatti, non ci sta ad essere uno Stato vassallo dell’Europa, ponendo nuovamente sulla bilancia ogni minimo dettaglio nelle importanti decisioni da prendere.
L’accordo stile Norvegia
L’eurodeputato belga, Philippe Lamberts, ha affermato che il Regno Unito sta seguendo tutti i suggerimenti indicati da Bruxelles. In particolare che, dopo la Brexit del marzo 2019, essa continuerà a far parte dell’Unione europea in tutto, tranne che nel nome fino a dicembre 2020. Durante questo periodo gli inglesi avrebbe pieno accesso al mercato unico, aderirebbe alle norme sulla libera circolazione e a quelle dell’unione doganale, sottoponendosi di fatto alla Corte di giustizia europea.
La Gran Bretagna continuerà, inoltre, a versare denaro nel bilancio dell’Europa, ma non avrà alcun diritto di voto o alcun posto al Consiglio europeo. Una situazione simile alle attuali relazioni della Norvegia con l’Ue.
“Durante il periodo di transizione, il Regno Unito sarà un membro in tutto tranne che per il nome, ma non siederà più ai due tavoli in cui vengono prese le decisioni: Parlamento e Consiglio. Deve essere un accordo in stile norvegese, non può essere nient’altro e questo è stato concordato in linea di principio” ha detto Lamberts (gruppo direttivo Brexit) a The Independent.
Il deputato tedesco Zimmer, anch’egli nel gruppo direttivo Brexit, aggiunge: “Non vi è alcuna garanzia che ci sarà un periodo di transizione. Ho la sensazione che il governo Britannico pensi di avere più tempo per negoziare, ma se non abbiamo un accordo, non ci sarà alcun periodo di transizione!”.
Contributi finanziari e Trattati
Di fatto, la durata della transizione deve ancora essere confermata ma, poiché l’anno di bilancio Ue va da gennaio a dicembre, a meno che la Gran Bretagna non sia disposta a impegnarsi in pagamenti per un anno intero, è molto probabile che finisca a dicembre del 2020 .
Danuta Hubner, eurodeputato polacco del gruppo direttivo, ha confermato che la durata della transizione dipende dai contributi finanziari della Gran Bretagna.
Nel suo discorso di apertura a Firenze, Theresa May affermò che “durante il periodo di transizione l’accesso al mercato europeo sarebbe dovuto continuare con le attuali condizioni”.
Ma un portavoce del dipartimento Brexit, facendo eco alle osservazioni della Premier, ha risposto: “Il Regno Unito sta cercando di concordare, entro marzo, un periodo di implementazione limitato nel tempo ai termini attuali, il che significa che si dovranno gestire solo dei cambiamenti per le aziende. Ma non saremo più uno Stato membro dell’Ue, i Trattati non verranno più applicati e avremo lasciato sia il mercato unico sia l’unione doganale”.
Eppure, nonostante la posizione dichiarata, il cancelliere Philip Hammond è stato attaccato dai Tory Brexiteers quando disse, in un discorso dello scorso anno, che il Regno Unito era intenzionato a seguire i piani dell’Ue che “replicassero efficacemente lo status quo attuale”.
L’ex ministro del gabinetto, John Redwood, ha dichiarato lunedì all’Independent: “Non c’è motivo per cui si debba accettare di versare denaro all’Ue, accettando le loro regole e i loro tribunali a meno che non ci sia qualche vantaggio anche per la Gran Bretagna”.