La rete “afghana” di Teheran in Europa.
Il primo luglio scorso ad Aahrus, in Danimarca, il 53enne Ali S., di origini afghane, è stato tratto in arresto della Procura federale tedesca di Karlsruhe poiché sospettato di agire per conto del servizio segreto iraniano. Nello specifico Ali S., ad inizio 2025, avrebbe ricevuto l’incarico da parte della Forza Quds di raccogliere informazioni dettagliate su soggetti e luoghi ebraici stanziate a Berlino. Il servizio di intelligence nazionale danese, PET, ha dichiarato che l’Iran utilizza abitualmente reti criminali, intermediari e individui locali per preparare e perpetrare attacchi in Europa. È noto che l’Iran sta conducendo attività di intelligence contro i critici della leadership iraniana in Europa. Secondo il settimanale Der Spiegel, le attenzioni dell’agente si sarebbero focalizzate sulla sede di una società tedesco-israeliana e di un ufficio in cui Josef Schuster, presidente del Consiglio centrale della comunità ebraica, avrebbe soggiornato occasionalmente. Altri personaggi orbitanti negli ambienti della Comunità ebraica tedesca sarebbero stati oltremodo oggetto di particolari investigazioni sul conto delle rispettive residenze, abitudini e familiari. Le autorità di sicurezza lo avevano già da tempo individuato successivamente ad un alert dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione e lo stavano monitorando.
Una riedizione di trascorsi pericolosi
Da tempo l’Iran ha posto in cima alla lista dei suoi obiettivi di guerra asimmetrica le Diaspore ebraiche in Europa e in Germania. Esse rappresentano un’obiettivo privilegiato, considerando la consistenza dei cittadini di origini ebraiche stanziati nel Paese. Tracce di un coinvolgimento di Teheran sono state trovate anche nel tentativo di appiccare un incendio alla sinagoga di Bochum e a quella di Essen, nel novembre 2022. Nel 2024, l’Antiterrorismo bavarese aveva scoperto un piano di attentato dell’IRGC da compiersi contro alcuni dissidenti ed altri appartenenti alla comunità ebraica che erano stati fotografati e pedinati dagli agenti iraniani. Nell’ottobre del medesimo anno un libico venne arrestato in flagranza di reato poiché intendeva attentare contro l’ambasciata israeliana di Berlino con un’arma automatica.
Ma anche altri episodi di antisemitismo violento, anche se di minore entità, hanno costellato le cronache tedesche.
Nel mese di febbraio di quest’anno, all’aeroporto di Berlino viene arrestato un cittadino russo che aveva pianificato un attacco alla locale ambasciata di Israele anche se, in questo caso, il sospettato appare come collegato allo Stato islamico. La massima autorità inquirente tedesca sta indagando anche su un attacco al Memoriale dell’Olocausto a Berlino. Inoltre, le cronache riportano che nel mese di febbraio un siriano avrebbe accoltellato un turista spagnolo con un coltello ferendolo gravemente. La Procura federale lo accusa di aver agito “per una convinzione radicale islamista e antisemita”.
Il terrorismo “diplomatico”
Nel 2021 il Tribunale di Anversa (Belgio), ha inflitto 20 anni di reclusione Asadollah Asadi, 49enne terzo segretario dell’ambasciata iraniana di Vienna poiché riconosciuto colpevole di avere pianificato un attentato terroristico contro un raduno della dissidenza iraniana che, nel 2018, avrebbe dovuto tenersi a Villepine (Parigi). In concorso con Asadollah, avrebbero agito altri tre cittadini iraniani, Amir Saadouni e la moglie, Nassimeh Naami e Merdad Arefani, tutti condannati. Il gruppo aveva progettato un elaborato piano per colpire la manifestazione del Consiglio internazionale della resistenza iraniana che si sarebbe dovuto tenere in Francia, ma l’Intelligence di Belgio e Germania, aveva già individuato la cellula terroristica. Alla cellula era stato sequestrato un ingente quantitativo di esplosivo oltre che cospicuo materiali cartaceo che ha permesso un supplemento di investigazioni atto ad individuare la fitta rete di fiancheggiatori che avevano permesso ai quattro componenti della cellula operativa di muoversi per tutta Europa con documenti, autovetture e cospicue somme di denaro, senza destare, apparentemente, alcun sospetto.
Da quanto emerso, il gruppo operava su ordine di alti funzionari del regime iraniano sotto la supervisione di Mohammad Javad Zarif, ministro degli affari esteri di Teheran.
L’Italia nel reticolo dei movimenti poco diplomatici
Il nostro Paese non è certo scevro da presenze indesiderabili di agenti iraniani. Per certi versi si può affermare con assoluta certezza che il viatico degli “operativi” di Teheran sia proprio l’Italia, sia per il diretto coinvolgimento di alcune aziende ben note per il loro export di materiali “dual use” verso l’Iran, sia anche per la sottovalutazione del fenomeno da parte di una magistratura che da anni sembra essere “caduta dalla montagna del sapone” e comunque non certo idonea a contrastare un fenomeno che necessiterebbe di ben altra attenzione ed un’opera di contrasto decisamente più incisiva e non solo a livello preventivo. Basti solo pensare che la maggioranza dei centri di riunione o di residenza di soggetti appartenenti all’IRGC, sebbene ben integrati nel nostro tessuto sociale, si trovino proprio nella Capitale, sotto gli occhi di (quasi) tutti. Molti tra gli operativi, non a caso, sono fruitori di permessi di soggiorno per “motivi di studio” o per “asilo politico”, essendosi dichiarati cittadini afghani di lingua farsi…
Le numerose operazioni condotte in passato contro elementi sospettati di appartenere ai Servizi di sicurezza iraniani, hanno sempre e comunque fruito di un’accoglienza benevola da parte degli organi giudicanti e il “non luogo a procedere” o le pene irrisorie inflitte agli imputati di reati connessi (traffico di armi, droga o documenti), hanno indotto a rievocare il più che fondato sospetto che l’irresponsabile “lodo Moro”, sia tutt’oggi in vigore.
Raccogliendo tutti gli elementi menzionati si può ipotizzare, con un relativo margine di certezza, che il caso di Ali S. non rappresenti uno sporadico tentativo di colpire la Comunità ebraica ma rientri in una più ampia strategia elaborata dai Pasdaran già prima del conflitto Israele -Iran e che, successivamente al raggiungimento del “cessate” il fuoco con Gerusalemme, abbia attivato i propri proxies stanziati in Europa per continuare a colpire il Paese ebraico laddove le Forze israeliane non possano avere un diretto coinvolgimento preventivo e repressivo.