Sta suscitando scalpore in queste ore nel Regno Unito il concerto antisemita andato in onda sui canali della BBC del duo punk Bob Vylan.
Durante il concerto di Glastonbury, trasmesso in diretta nazionale i cantanti si sono lasciati andare a slogan di morte nei confronti dell’esercito israeliano mentre la folla delirante, con bandiere palestinesi al seguito, scandiva con loro lo stesso slogan e di cancellazione di Israele dalle carte geografiche.
Durissima la reprimenda del Primo Ministro Keir Starmer nei confronti dell’ente comunicazione britannico che non ha saputo cogliere la gravità di quanto stava accadendo sul proprio canale e non ha immediatamente staccato il collegamento da un concerto così carico di odio antiebraico. Purtroppo la BBC non è nuova a questo genere di performance che dal 7 ottobre 23 la stanno distinguendo, assieme alla CNN e ad Al Jaazera, come alcune tra le testate più schierate e meno obiettive sul tema del conflitto arabo israeliano e che per questo sono considerate spesso megafono dei terroristi di Hamas.
In Italia purtroppo il coinvolgimento degli artisti, dagli attori ai registi, dagli scrittori ai cantanti non è da meno.
In questa estate ricca di concerti e musica all’aperto stanno diventando numerosi i casi di musicisti che, in maniera molte volte sconsiderata, non resistono alla tentazione di esprimere il loro pensiero sul conflitto in maniera poco obiettiva e disarticolata.
L’ultimo in ordine di tempo Marco Mengoni, che tra un look stravagante e l’altro ha deciso di esibirsi seminudo coperto dalla bandiera palestinese.
Una sorta di schizofrenia la sua, un’amnesia che lo porta a dimenticare che, se vivesse a Gaza o a Ramallah, a Jenin o a Nablus, probabilmente subirebbe violenze e angherie e nel peggiore dei casi freddato e gettato in qualche fosso.
Sono tanti gli artisti che pur di accaparrarsi like e consensi, visualizzazioni dei loro video e click ben retribuiti sono saliti in questi mesi sul carro dell’odio propal e lo manifestano con una leggerezza e una caduta di stile disarmanti.
Proprio perché la musica è strumento di pace universale e’grande la vergogna che dovrebbero provare nell’ omettere e dimenticare in ogni esibizione le vittime del Nova Festival e i rapiti, torturati, seviziati da Hamas a Gaza.
Stesso discorso per tutti quegli attori che non perdono occasione per esprimersi da palchi e premiazioni in diretta televisiva.La retorica e il qualunquismo che li accompagnano vengono dispensati in nome di uno smielato e banale “politicamente corretto” che diviene polvere negli occhi dell’utente.
Un trionfo di buoni sentimenti in nome di un pacifismo di facciata che nasconde un odio profondo malcelato verso Israele e che non aiuta minimamente a comprendere quanto sta accadendo in una guerra ormai decennale, quella tra un piccolo stato democratico che lotta per la sua sopravvivenza e l’orda ostile che la circonda.
Un’orda che odia gli ebrei, odia i cristiani e gli infedeli tout court, odia gli omosessuali, i trans, i bisex e ogni gender che non sia in linea con i costumi islamisti locali.
Tutto questo però a Mengoni e ai frequentatori dei Pride che nelle ultime ore hanno affollato Budapest con la loro presenza multicolore evidentemente non lo abbiamo adeguatamente raccontato perché anche lì, in Ungheria, la bandiera dominante era quella di chi disprezza chi era lì e li impiccherebbe volentieri ai lampioni delle pubbliche piazze di Gaza.
Vale la pena ricordarlo loro quindi.