Fayez al Sarraj è in mano ai Fratelli Musulmani. Dopo l’accordo con la Turchia, il capo del governo di unità nazionale in Libia, nato sotto l’egida dell’Onu, sarebbe ostaggio di milizie armate presenti a Tripoli che, in cambio dell’appoggio contro il generale Khalifa Haftar, avrebbero chiesto e ottenuto l’ingresso ufficiale di Erdogan nelle questioni libiche, quindi della Fratellanza Musulmana. Un piano perfetto dal loro punto di vista che l’Italia, in particolare, ha subito senza battere ciglio. Le armi turche sarebbero già entrate in Libia, anche se formalmente l’accordo militare con Tripoli sarebbe al vaglio del Parlamento di Ankara.
La Libia, dunque, rischia di diventare una nuova Siria. Il tutto a poche centinaia di miglia nautiche dalle nostre coste. Il generale Haftar, ormai a Tripoli, può contare sull’appoggio di Russia, Egitto, Israele. Mentre Sarraj si affida alla Fratellanza musulmana. A riprova di questo, anche il Qatar ha espresso il suo appoggio al governo di Tripoli e l’ambasciata della Libia a Il Cairo ha chiuso, ufficialmente per motivi di sicurezza.
Martedì, con ogni probabilità, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sarà a Tripoli per incontrare proprio Sarraj. Una visita lampo e urgente, secondo indiscrezioni stampa, che arriva però a distanza di tre mesi dal suo insediamento. Segno, forse, che il dossier Libia non è proprio al primo posto nell’agenda del Ministro. In ogni caso, secondo numerose fonti, il viaggio di Di Maio in Libia è pressochè inutile. In molti, infatti, si chiedono cosa potrà ottenere (o offrire) al capo del governo di Tripoli ormai compresso nella stretta mortale del Sultano. Poco o niente. Il Paese continua a rimanere nel caos e altre realtà sono presenti proprio lì dove l’Italia ha grandi interessi economici e strategici, forse non così importanti per il governo che, a tre mesi dal suo insediamento, non si è recato in visita nè con il suo ministro degli Esteri nè con quello dell’Interno.
Gli scenari possibili, dunque, lasciano presagire un conflitto libico nel quale la Russia vorrà mostrare tutta la sua potenza appoggiando il generale Haftar. Dall’altra parte Erdogan, che oggi a Istanbul ha ricevuto per la seconda volta in un mese Sarraj e non nasconde le sue mire espansionistiche nel Nordafrica.
Da non sottovalutare un eventuale appoggio esterno dalla Tunisia, reduce dalle elezioni che hanno fatto registrare un successo del movimento Ennahda, la componente tunisina dei Fratelli Musulmani. Il presidente neo eletto, Kais Saied, ha inteso continuare nel percorso di rivalutazione degli islamisti “moderati” di Ennahda con l’avallo della nomina a presidente del Parlamento di Rashed el Ghannouchi, leader storico del movimento. Un gesto per lo più simbolico che nasconde l’insidia di una pericolosa avanzata della fratellanza non solo nel Paese dei Gelsomini. In questo risaltano le contraddizioni legate all’appoggio dell’Onu e del nostro Paese ad un Governo supportato da personaggi nell’orbita del movimento dei Fratelli Musulmani che da più parti è sempre stato tacciato di sostenere un’ideologia islamista solo in apparenza moderata. L’ennesimo errore di valutazione di un establishment di dilettanti… in odor di “sardine”.
La marcia di Haftar su Tripoli, del resto, non è cosa nuova. Un anno fa, a dicembre 2018, proprio Ofcs.report riferì dell’incontro a Roma tra l’uomo forte della Cirenaica e il presidente del Consiglio (che pur con altre alleanze) era sempre Giuseppe Conte. In quella circostanza il generale avrebbe dato la sua disponibilità a seguire la road map dell’Onu per arrivare a elezioni. Ma tra le richieste messe sul tavolo (perché il generale chiede sempre qualcosa in cambio), ci sarebbe stata anche quella di un appoggio da parte dell’Italia affinché il suo esercito diventasse quello nazionale. Forse l’appoggio dell’Italia ad Haftar non è mai arrivato. Ma il nostro Paese non aveva (e non ha) neanche ben chiaro che ruolo fondamentale deve avere in Libia.