Secondo la sentenza emessa ieri dalla Corte penale internazionale de L’Aja Israele va processato. La decisione autorizza il procuratore capo, Pato Bensuda, ad aprire un’indagine sui “crimini di guerra israeliani” e ha stabilito, violando i principi di sovranità, che l’indagine possa svolgersi in Giudea e Samaria oltre che nei territori governati dall’Autorità nazionale palestinese.
La decisione dei giudici de L’Aja, oltre che condizionata fortemente dalla spinta di varie ong che agiscono deliberatamente in funzione anti-israeliana, è in palese contrasto con la mancata ratifica di Israele degli accordi che furono alla base della costituzione della corte penale internazionale. Infatti, i paesi che aderiscono allo Statuto di Roma sono 123 (stima dell’ottobre 2017) mentre altri 32 paesi hanno firmato ma non ratificato il trattato e fra questi, Israele, Russia, Stati Uniti e Sudan.
Nelle intenzioni dell’organismo de L’Aja, la delega al magistrato con la possibilità di svolgere investigazioni sui luoghi teatro dei presunti crimini, potendo coinvolgere nelle indagini anche membri dei governi competenti per territorialità e, potenzialmente, di emettere ordini di fermo/arresto anche nei confronti delle autorità delegate a imporre il rispetto delle leggi sul territorio nazionale.
A seguito di tale deliberazione, appare chiaro l’intento di indurre le presunte vittime a proporre denunce a raffica contro le autorità israeliane e le forze di difesa dello Stato ebraico, nella speranza di ottenere anche lauti rimborsi.
A parere dei giudici della corte penale internazionale, la cui decisione è stata approvata a maggioranza, la “Palestina”, i cui confini risalgono al 1967 e comprendono Gerusalemme est, è uno Stato membro della Corte internazionale di giustizia. Questo “particolare” è stato sottolineato dalla Corte dietro richiesta del magistrato delegato alle indagini che ha chiesto al tribunale di determinare i confini territoriali entro i quali deve essere condotta l’indagine sulla commissione di presunti crimini di guerra.
Ma non è certo questo il primo caso nel quale gli organismi internazionali vengono strumentalizzati e utilizzati per i fini dei nemici di Israele, anche in forza di “patti segreti” stipulati da vari Governi europei con le varie entità terroriste che operano in funzione antisionista per evitare il compimento di azioni violente sul territorio Continentale.
E neanche stupisce l’arbitrarietà con la quale la “decisione” è stata determinata sotto la continua spinta di varie entità che, nel corso degli ultimi anni, hanno inteso produrre il massimo sforzo allo scopo di tutelare le vittime di una violenza dagli stessi profusa e condannare coloro i quali sono delegati a prevenire e reprimere ogni tipo di aggressione.
Tra gli emeriti soggetti dediti al sostegno delle presunte “vittime”, il procuratore della Corte Fatou Bensouda che da anni insiste per poter svolgere indagini in merito ad eventi avvenuti nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, sostenendo la sussistenza di “basi ragionevoli” per credere alla commissione di crimini di guerra, ed indicando come possibili indagati sia l’esercito israeliano, che gruppi palestinesi come Hamas.
Netanyahu: “Indagine L’Aja contro Israele è antisemitismo raffinato”
Come ovvio, le reazioni alla decisione della Corte de L’Aja non si sono fatte attendere.
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha imposto ai suoi Ministri di non commentare pubblicamente la decisione della Corte internazionale di giustizia, ma ha comunque rilasciato un’aspra dichiarazione: “Quando la Corte internazionale di giustizia de L’Aja indaga su Israele per crimini di guerra completamente falsi, è un antisemitismo raffinato. Questo tribunale è stato istituito per prevenire atrocità come l’Olocausto nazista contro il popolo ebraico, ora sta attaccando l’unico Stato del popolo ebraico. In primo luogo, afferma scandalosamente che quando gli ebrei vivono nella loro patria, a Shiloh, Hebron, Beit El, persino nella