Rutte, Zelenzky, Meloni, Macron.Trump conduce il nuovo reality show: Lo studio ovale
L’ultimo siparietto tragicomico in ordine di tempo del nuovo reality show portato sulle scene della politica internazionale il 14 luglio 2025 da Donald Trump, con tutto quanto a questo ha fatto da corollario in questi mesi e pure in queste ultime ore, merita una improcrastinabile analisi puntuale che auspico venga presa in considerazione da quanti in Occidente, ed ancor più negli States hanno salutato, sia pure nella loro semplicità ed ingenuità, la vittoria elettorale di Donald Trump credendo di eleggere il 47° Presidente degli Stati Uniti d’America, per poi ritrovarsi rappresentati da chi con le sue battute, prese di posizione, ritrattazioni, giudizi avventati, minacce, richiami e dichiarazioni estemporanee sta letteralmente ridicolizzando un intero Paese ed affossando, con il sogno amaricano, l’intero Occidente.
Nello specifico l’incontro, che ha visto la partecipazione del Segretario Generale della NATO, Mark Rutte, per certo tra qualche anno sarà ricordato, (come del resto lo saranno pure le roboanti stridenti dichiarazioni che diversi esponenti politici di spicco della EU –il Presidente italiano Mattarella in testa– hanno indirizzato al Presidente francese Emmanuel Macron nel giorno della ricorrenza di quella Presa della Bastiglia che solo simboleggia la falsa narrativa di una rivoluzione che tutto fu fuorché popolare, ed il cui motto ancora oggi celebra le Libertè, Fraternitè ed Egalitè di quella grossa borghesia che del popolino solo si servì per guadagnarsi con la forza il diritto di condividere a pieno titolo il potere che un tempo fu appannaggio esclusivo del pregresso duopolio assolutistico clerico–nobiliare noto come Ancien Régime ), come uno dei momenti più tristi e drammatici della storia dell’intero Occidente, nonché, a quanto pare, l’inizio della fine del primato degli Stati Uniti se un miracolo non porterà Trump ed il suo establishment a scendere finalmente con i piedi per terra.
Il perché è presto detto, a cominciare dal tono usato da Trump che, durante l’incontro con Rutte, oltre a dichiararsi –volutamente con fare paternalistico– “scontento della Russia” ha colto l’occasione per manifestare a Putin la sua ferma intenzione di “imporre severe tariffe se non avremo un accordo entro 50 giorni”: un ultimatum che, visti i precedenti esiti di tali iniziative, dubito possa aver impressionato il Cremlino sia perché sin qui, a conti fatti, i soli ad essere stati realmente danneggiati da tali misure sono stati in primo luogo proprio gli Stati europei, sia perché… forse a Trump, ma per certo non a Putin, deve essere sfuggito che le ulteriori prevedibili conseguenze negative per la EU derivanti da una nuova serie di misure sanzionatorie andrebbero a sommarsi a quelle derivanti dalla applicazioni dei nuovi dazi voluti dalla White House.
Tanto per non parlare del fatto che il Presidente Usa ha colto l’occasione per ribadire la sua intenzione di inviare altri missili Patriot all’Ucraina, fermo restando che questa volta a pagarli dovrebbe essere la EU: una affermazione salutata da Mark Rutte, come le altre del resto, con la tipica mimica facciale di chi annuisce a prescindere da tutto, anche della reale comprensione di quanto dichiarato da Trump, ovvero –il che sarebbe pure peggio– ha contezza del fatto che alla fine sono solo parole, come del resto sarebbe confermato da quanto reso noto dalla Germania il 16 luglio quanto al fatto che al momento non vi sarebbero Patriot in arrivo per Kyiv e, per somma, non vi sarebbe al momento alcun accordo tra gli Stati della EU quanto a nuove sanzioni a Mosca.
Un paio di notizie, queste ultime, perfettamente in line con quanto reso noto dal The Guardian il 15 luglio sottolineando come l’Ucraina fosse ancora in attesa dei dettagli sui miliardi di USD in armi promessi da Trump, miliardi di cui il Presidente degli Stati Uniti avrebbe detto di aver discusso con i suoi anche in relazione alla possibile inclusione dei Tomahawk, senza però aver raggiunto alcun accordo, come del resto confermato dal Maggiore Generale Vadym Skibitskyi , il vice capo dell’agenzia di intelligence militare ucraina (HUR), che a tale proposito avrebbe sottolineato che non era chiaro cosa intendesse il Presidente degli Stati Uniti, visto che oltretutto Trump e il presidente ucraino avevano si discusso della cosa all’inizio di Luglio, ma che a riguardo non era stato raggiunto alcun accordo.
Il perché di questo inghippo probabilmente è una conseguenza di quanto è emerso grazie, tra l’altro, ad un articolo curato da Madeline Halpert apparso il 16 luglio 2024 sul sito della BBC con il titolo “Trump says Ukraine should not target Moscow” e dal quale abbiamo potuto apprendere che il giorno precedente Trump aveva affermato che l’Ucraina non dovrebbe colpire Mosca con attacchi aerei: tanto, però, solo dopo che il Financial Times aveva riportato, grazie a Christopher Miller, Henry Foy, Max Seddon e Lauren Fedor, che il 4 luglio Trump avrebbe incoraggiato privatamente l’Ucraina ad intensificare gli attacchi in profondità nel territorio russo, chiedendo persino al Presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy se avrebbe potuto colpire Mosca e San Pietroburgo qualora gli Stati Uniti gli avessero fornito armi a lungo raggio.
Sempre dal Financial Times, ed in particolare dal medesimo articolo testé citato ed intitolato “Donald Trump asked Volodymyr Zelenskyy if Ukraine could hit Moscow, say people briefed on call”, apprendiamo pure, notizia questa ancora più gravida di significati, che se per certi versi può essere dato credito all’idea che Trump avrebbe manifestato il suo appoggio all’idea per “far sentire loro [ai Russi] il dolore” e quindi costringere il Cremlino al tavolo dei negoziati, al tempo stesso la conversazione sarebbe stata un riflesso del “crescente desiderio dei partner occidentali dell’Ucraina di fornire armi a lungo raggio in grado di ‘portare la guerra ai moscoviti’ – un sentimento”, come avrebbe riferito un funzionario occidentale bene informato della telefonata, che sarebbe “stato ripreso privatamente da funzionari americani nelle ultime settimane”.
Richiesta di commentare la notizia, la White House, che in un primo momento aveva preferito non rispondere, ha successivamente prima negato di voler procedere con la fornitura delle armi idonee allo scopo, e poi affermato che nella sua telefonata con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, Trump “stava semplicemente ponendo una domanda, non incorporando ulteriori uccisioni”, e che comunque la domanda di Trump a Zelensky sulla possibilità che il Paese colpisca Mosca sarebbe arrivata il giorno dopo una “brutta” telefonata tra il presidente degli Stati Uniti e Putin.
Purtroppo, tuttavia, la realtà di questo risibile ‘macchina indietro tutta’ pare essere un’altra che se per un verso testimonia il reale spirito democratico dei cittadini americani, per un altro getta una pesante ombra sulla figura di un Donald Trump dal quale la EU farebbe bene a prendere le distanze per evitare di fare in blocco la fine dell’Ucraina.
A tanto si arriva prendendo in esame la violenta reazione degli esponenti di spicco del MAGA che poco hanno gradito questa iniziativa sottobanco di chi in campagna elettorale ha dichiarato di voler fare l’opposto di ciò che la telefonata del 4 Luglio ha rivelato. In particolare sono state degne di nota alcune dichiarazioni rese note dalla BBC con un articolo significativamente intitolato “’Not our war’ – Trump’s Nato weapons deal for Ukraine sparks MAGA anger”.
In particolare critici della decisione di Trump sono stati la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene, alleata chiave di Trump, e l’ex stratega di Trump Steve Bannon che ha dichiarato agli ascoltatori del suo podcast che l’Ucraina è una “guerra europea”: una affermazione che di fatto ha fatto emergere ulteriormente la pochezza di Trump in questo frangente, una pochezza testimoniata dalla sottolineatura della White House che a pagare le armi prodotte negli Stati Uniti sarebbe stata l’Europa.
Una affermazione che dimostra due cose, delle quali:
- la prima, il vero peso attribuito da Trump alla EU: una EU investita del ruolo di pagatore anche delle conseguenze senza neppure essere stato consultata: in questo senso la cosa è ampiamente palesata dall’orgoglio con cui là Premier italiana, Giorgia Meloni, ha salutato l’intervento da lei promosso di Trump all’ultimo incontro dei ‘volenterosi’ europei
- la seconda, la pressoché totale mancata comprensione da parte di Trump delle ragioni profonde che hanno spinto gli Statunitensi a preferire lui a Biden: ragioni di cui il Presidente Trump non può pensare di dimenticarsi alla prima occasione. Ed in questo senso ecco che le parole della Marjorie Taylor Greene, membro isolazionista del Congresso della Georgia e uno dei più fedeli sostenitori di Trump a Capitol Hill, parole che senza mezzi termini hanno sottolineato come la mossa di Trump fosse in spero contrasto con quanto aveva promesso agli elettori durante la campagna elettorale.
“Non si tratta solo dell’Ucraina; si tratta di tutte le guerre straniere in generale e dei tanti aiuti esteri. È su questo che abbiamo fatto campagna elettorale. È ciò che ho promesso anche al mio distretto. È ciò per cui tutti hanno votato. E credo che dobbiamo mantenere questa rotta”: queste le sue parole.
A margine di tutto quanto qui riportato vi è però un aspetto che merita di essere posto in debito risalto a beneficio degli Europei, dei cittadini europei e non delle loro autocratiche ed autoreferenziali leadership.
Mi riferisco in particolare ad un passaggio del raro disaccordo pubblico della Greene, e per l’esattezza a quello in cui la stessa in un post sui social media ha criticato gli “accordi segreti attraverso la NATO“: perché di fatto parlare di accordi NATO invece di parlare di decisioni prese dalle leadership politiche nazionali è solo un trucco per assecondare interessi e propositi perseguiti e posti in essere da altri che nulla hanno a che vedere con coloro che hanno eletto i vari governi, tanto in Europa, quanto al di là dell’Atlantico.
Elettori che vogliono che questa guerra finisca, che non sia caratterizzata da quella ulteriore escalation che i vari Macron, Meloni, von der Leyen, Starmer, e via discorrendo, dichiarano di non volere, anche se poi la promuovono come ineluttabilmente imposta da una fantomatica NATO non al servizio dei popoli Occidentali, ma di qualche potentato affaristico, in arte Mr. NATO, che spinge per la continuazione e l’allargamento del conflitto in atto, e rispetto al quale non è dato capire come si ponga, o voglia porsi Trump e con lui la premiata Rutte & Co.
Per somma, come ha detto Bannon, riferendosi all’Ucraina,”Stiamo per armare persone su cui non abbiamo letteralmente alcun controllo”, aggiungendo “Questa è una guerra vecchio stile, logorante, nelle terre insanguinate d’Europa, e ci stanno trascinando dentro”.
A margine di questo desolante quadro merita prendere in esame il reale peso attribuibile tanto alle dichiarazioni del Presidente statunitense, quanto a quella del Presidente Francese per il quale l’Europa non sarebbe “mai stata così in pericolo dal 1945” dato che allo stato attuale Mosca sarebbe una minaccia permanente dalla quale l’Europa dovrebbe difendersi da sola, anche se non è dato capire come, ma soprattutto da chi.
Che la minaccia russa sia diventata reale a forza di pungolare l’orso russo è un fatto testimoniato dalla recente apertura del Fronte Sud del Mediterraneo, ma non ritengo che una delle principali minacce alla pace europea e globale provenga da quel circolo dei ‘volenterosi’ e da quello Zelenskyy che non è dato capire da cosa è da chi siano realmente agiti visto che è palesemente impossibile che senza gli Stati Uniti la pantomima euro-ucraina possa addivenire ad un qualche risultato diverso dall’autoaffondamento dell’intero sistema Europa per come lo abbiamo sin qui conosciuto.
Nessuno mette in dubbio le capacità imprenditoriali del Tycoon, nessuno mette in dubbio la sua abilità commerciale, come pure il suo saper infiammare le piazze mutando ogni comizio in una festa o, per meglio dire, in una sagra di paese, come ha brillantemente rendicontato Dave Eggers in suo articolo apparso il 9 novembre 2016 sulla rivista “Internazionale” con il significativo titolo “L’America vista da un comizio di Donald Trump”, come pure in un altro articolo pubblicato sul The Guardian il 18 novembre 2016 con il titolo “None of the old rules apply’: Dave Eggers travels through post-election America”, un articolo per tramite del quale il noto scrittore statunitense ci ha parlato, al fine di valutare e descrivere l’umore della nazione divisa, del variegato panorama che a partire “dai frastornati festaioli della notte elettorale a Washington DC, passando per un elettore gay di Trump a Detroit” finisce “per giungere ai bambini del Kentucky…”: nessuno le mette in dubbio, anche se la politica internazionale e la geopolitica sono decisamente altro.
SOURCES:
2 https://tg24.sky.it/mondo/2025/07/16/guerra-ucraina-russia-putin-trump-16-luglio-diretta
3 https://www.theguardian.com/world/2025/jul/15/ukraine-russia-europe-us-military-weapons-trump
4 https://www.bbc.com/news/articles/cvg6zg6kelro
5 https://www.bbc.com/news/articles/cvg6zg6kelro
6 https://www.bbc.com/news/articles/cvg6zg6kelro
7 https://www.bbc.com/news/articles/c14e2ydv4d6o
8 https://www.nytimes.com/2025/07/14/us/politics/marjorie-taylor-greene-trump-ukraine.html
9 https://www.bbc.com/news/articles/c14e2ydv4d6o
10 https://www.bbc.com/news/articles/c14e2ydv4d6o