Carte d’identità, passaporti, biglietti aerei e persino prenotazioni di alberghi degli uomini e delle donne presumibilmente legati all’Isis, tutti transitati dalla Turchia. Sono alcuni dei dati contenuti nel documento, “Isis and Turkey File”, reso disponibile su internet dalla Commissione per le relazioni estere dell’Ypg. L’Unità di protezione popolare, composta dalle milizie curde che opera nel Rojava (l’autoproclamata federazione della Siria del Nord), ha ritrovato queste carte nei territori conquistati durante la campagna militare contro gli uomini del Califfato nella provincia autonoma.
La mole di materiale raccolto dalle milizie curde è considerevole. Secondo la ricostruzione dell’Ypg, la documentazione pubblicata sul web e consultabile da chiunque testimonierebbe i rapporti e le collusioni tra Isis e Turchia – si fa riferimento all’inizio del report proprio al partito di governo Akp –, soprattutto per quanto riguarda il passaggio facilitato attraverso il confine turco di numerosi jihadisti, ma anche il trasporto di armi e di fertilizzanti utilizzati per realizzare ordigni esplosivi in Siria. Non è certo se tutti i documenti d’identità ritrovati (per lo più turchi) appartengano a combattenti o a dei civili, né se alcuni di essi siano stati falsificati. Ma stando alle carte, quello che emerge è la presenza dei visti e dei bolli rilasciati dell’autorità turca su tutti i fascicoli entrati in possesso delle milizie curde.
Secondo il dossier, inoltre, alcuni di questi documenti certificherebbero i contatti esistenti tra gli uomini in nero e i funzionari statali turchi presso i check point finalizzati all’ingresso in territorio siriano dei foreign fighters. Tra il materiale sequestrato, anche numeri di telefono, appuntati a penna, dei referenti da contattare presso i posti di blocco al confine turco-siriano: Tel Abyad – Urfa e Gaziantep – Jarabulus.
Le biografie degli uomini, delle donne ma anche dei minori, documentate dall’Ypg nell’ex area sotto il controllo Daesh apparterebbero a varie nazionalità: indonesiani, kazaki, egiziani, giordani, serbi, oltre a turchi e siriani, anche un documento in lingua coreana. Poi ci sono le incongruenze più visibili. Come una donna con passaporto egiziano che è presente in un’altra foto con nome e lasciapassare siriano. Oppure un cittadino serbo, entrato a Istanbul il 9 agosto 2013 con tanto di visto d’uscita rilasciato tre giorni dopo alla frontiera di Kilis, in possesso di un passaporto bosniaco. Alcune fotografie certificherebbero, invece, il superamento del check point di Akcakale, vicino Tel Abyad, da parte di un gruppo di uomini mentre trasportano numerosi fusti di fertilizzante (nitrato di ammonio), utilizzato insieme ad altre sostanze chimiche, come il clorato di sodio, per la fabbricazione di bombe.
Prima della presa di Tel Abyad da parte dell’Ypg, la città viene descritta da Abdul Rahim Khalid Ibrahim, jihadista catturato dalle forze curde, come un centro nevralgico e strategico per il transito dei miliziani ma anche finalizzato al traffico illecito di armi e al commercio clandestino di petrolio con la vicina Turchia. Nelle testimonianze rese dai prigionieri di guerra, riportate alla fine del documento, viene sottolineato il rapporto quasi di collaborazione tra i fedeli ad al-Baghdadi e il paese sunnita rispetto alle presunte attività illegali svolte al confine.
Alcuni di questi documenti erano già stati pubblicati in parte lo scorso marzo su un sito curdo (basta scorrere la pagina per trovare le stesse fotografie di passaporti e biglietti), mentre Rt in un documentario dello stesso mese aveva denunciato, attraverso le carte ritrovate dalle forze curde e le testimonianze dei prigionieri di guerra, le trame oscure del commercio petrolifero tra Isis e Turchia.