Dal Sinai parte la campagna dello Stato islamico per arrivare a Gerusalemme. L’Isis, infatti, pianifica da tempo l’utilizzo della penisola come un trampolino di lancio per condurre attacchi contro Israele. Dalla roccaforte di Jabal Hilal, catena montuosa del Sinai centrale, i terroristi hanno iniziato, infatti, una campagna di propaganda al fine di reclutare un numero sufficiente di jihadisti per costituire una forza sufficientemente nutrita per lanciarsi alla conquista di Gerusalemme. Ad oggi nel Sinai sono confluiti circa 1200 jihadisti con i quali il Califfato spera di aprire il quarto fronte dopo Siria, Iraq e Libia. Alla base dell’iniziativa ci sarebbe il gruppo Ansar Bayt al Maqdis, associatosi al Califfato dall’inverno del 2014 rinominandosi Wilayat Sinai, provincia dello Stato islamico del Sinai. La formazione terroristica è giunta alla ribalta mediatica per il fondato sospetto di essere il responsabile dell’attentato contro il volo passeggeri russo, esploso il 31 ottobre 2015, e per i numerosi attacchi contro le forze di sicurezza egiziane stanziate nella penisola.
Il piano di attacco congegnato contro Israele farebbe parte di una più ampia strategia volta a recuperare consensi proprio tra gli arabi più tiepidi nei confronti del Daesh, ritenuto poco incline ad appoggiare la causa palestinese contro Israele a fronte della necessità impellente di allargare i confini del Califfato.
Il ricordo della guerra del Kippur del 1973, in cui Israele risultò vincitore contro gli eserciti arabi, potrebbe rappresentare un ulteriore motivo per il Daesh di rendere più incisiva la sua azione nel Sinai, oltre che prendersi una storica rivincita proprio contro lo stato ebraico.
La missione del Califfato, però, presenta numerosi ostacoli. Primo fra tutti l’appoggio di Hamas ed Hizbollah, che fino ad oggi si sono dimostrati contrari alle smanie di conquista dell’Isis ed alla sua dottrina radicale.
La strategia studiata dai seguaci di Al Baghdadi ricalca, inoltre, quella dell’alleanza panaraba degli anni ’70. Una manovra a tenaglia portata avanti a nord dai filo-palestinesi ed Hizbollah, ad ovest dal Daesh e da sud-est da Hamas e da Ansar Bayt al Maqdis. E qui arriva il secondo ostacolo: il delirio di onnipotenza dell’Isis che si scontra con la pochezza del suo esercito. Se è vero che il Califfato in pochi mesi ha conquistato centinaia di chilometri di territorio siro-irakeno, è altrettanto vero che non ha incontrato grossi ostacoli sul suo cammino.
L’avanzata dell’alleanza anti-califfato, a guida statunitense, ha fatto subito emergere le difficoltà dei miliziani nell’affrontare un nemico sufficientemente preparato e potentemente armato. Daesh, in pochi giorni, si è dovuto ritirare dalle postazioni avanzate di Al-Raqqa e Falluja, contando numerose perdite tra i suoi ranghi e trovandosi nella condizione di doversi avvalere di scudi umani per proteggere le sue installazioni principali dai bombardamenti.
Ricalcare la strategia egiziana contro Israele del 1973 nel Sinai, come suggeriscono indiscrezioni giunte dal Medio Oriente, equivarrebbe ad andare incontro ad una sconfitta annunciata, anche in considerazione del fatto che l’esercito di Israele non attende altro che un passo falso del Califfato per fornire le agognate 72 vergini ai suoi miliziani.