“La Cop 22 di Marrakech si può definire un check-up in chiave implementazione di Parigi ed è importante per tre ragioni: la prima perché è il primo incontro internazionale dopo Parigi per cui è l’occasione per testarne la validità e per verificare se gli attori coinvolti sono ugualmente impegnati nell’implementare quell’accordo. Il secondo motivo è che a Marrakech si potrà verificare se gli strumenti di monitoraggio e di verifica sono stati sviluppati e infine la Cop 22 è importante perché si cominciano a mettere insieme tutti gli attori della vita vera che dovranno essere al centro dell’implementazione di Parigi”. Così afferma Michele Candotti, consigliere di Unep (agenzia che si occupa del programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) a proposito dell’importanza di Cop 22 di Marrakech.
Anche in Marocco i fari saranno tutti puntati sulla politica ma chi sono gli attori in gioco nella sfida globale contro il riscaldamento del pianeta e cosa sono chiamati a fare?
“Se vogliamo essere ottimisti nei confronti dei politici ciò che ci dobbiamo attendere da loro è l’avvio di progetti di lungo termine ben strutturati, mi riferisco a politiche industriali, energetiche e a tutte quelle iniziative necessarie per sostenere gli accordi di Parigi. Se vogliamo essere più scettici alla politica chiediamo almeno di non creare confusione sull’informazione e sugli accordi di Parigi, affinché si possa garantire una continuità. Ai governi dei singoli stati spetta ingaggiare il settore privato e soprattutto i cittadini convincendoli attraverso un’opera d’informazione per facilitare il sostegno e l’impegno a favore degli accordi di Parigi. I privati detengono due elementi essenziali per realizzare gli obiettivi fissati: le tecnologie e la finanza necessaria per investire in maniera diversa nel settore energetico, dei trasporti e delle infrastrutture: tutte cose determinanti per rispettare gli obiettivi fissati nella Cop 21”.
Gli scettici guardano a Parigi sottolineando come senza un piano di investimenti messo in campo da tutti gli attori internazionali nessun patto sul clima potrà essere efficace. È così?
“La Cop 21 di Parigi è figlia di una grande azione di diplomazia ambientale fondata su una base scientifica molto solida. Un accordo che ha messo in rete una serie di obiettivi di sviluppo sostenibile senza mettere in discussione le sovranità nazionali, che al contrario sono state responsabilizzate. Il vero gap che deve essere colmato dopo Parigi è però la mancanza di flussi finanziari adeguati per la realizzazione di politiche sostenibili e da questo punto di vista mi auguro che l’Italia, che il prossimo anno prenderà la presidenza del G7, potrà svolgere un ruolo da protagonista”.
Implementazione di Parigi, impegni e obiettivi più strutturati, politiche ambientali sempre più sostenibili. Ma non crede che un tema carente nel dibattito ambientale sia anche quello legato alle politiche sostenibili relativamente alla pianificazione urbana?
“Non bisogna dimenticare che il 50% della popolazione mondiale vive in insediamenti urbani, il 75% delle emissioni globali viene da questi insediamenti, l’80% dell’energia viene consumato dalle città. Non possiamo permetterci più distrazione occorre mantenere un monitoraggio stretto e ripetuto dei dati scientifici sul clima per mantenere la pressione su chi deve decidere e offrire la possibilità a Stati e governi di fare un report sul gap tra quanto si sta facendo e quello che è necessario”.