a cura di Eques
Al di là di quello che sarà l’esito giudiziario di questa, comunque la si voglia riguardare, brutta storia, osservando come è stata ed è ancor oggi gestita dai media, qualche perplessità insorge. Avendo presenti i limiti del diritto di cronaca, ben noti a giornalisti e commentatori, una domanda alla quale nessuno sembra interessato a rispondere rimane.
Per quale ragione si è consentita, senza che nessuno obiettasse nulla, la divulgazione delle immagini del volto del Cucchi, che oggettivamente suscitano turbamento, se quella pubblicazione non è l’unico modo per adempiere al dovere di cronaca, come prescrive la Carta dei doveri dei giornalisti? È scritto che “… le fotografie …. non devono … forzare il contenuto degli articoli o delle notizie”, e il giornalista “non deve … pubblicare immagini o fotografie particolarmente raccapriccianti di soggetti coinvolti in fatti di cronaca …a meno che non prevalgano preminenti motivi di interesse sociale”.
Di grazia, nel caso Cucchi, quali sarebbero i “preminenti motivi di interesse sociale”?
Dato che nulla aggiunge alla correttezza e completezza dell’informazione la pubblicazioni di foto che urtano la sensibilità, vien da pensare che l’obiettivo sia ben altro: cioè condizionare chi le vede, indirizzandolo da qualche parte. È certamente vero che la pubblicazione di immagini raccapriccianti è consentita, ma solo nel solo caso in cui vi sia interesse pubblico.
L’interesse pubblico però c’è solo “quando l’immagine raccapricciante ha di per sé un valore indiscutibilmente informativo, essendo l’unica fonte della notizia”.
E allora, qualcuno è in grado di spiegare per quale ragione, peraltro con pressante ripetitività, in questi giorni ( e non solo) si stiano divulgando quelle immagini?
Escluso il diritto di cronaca, è evidente che le finalità sono altre e ben visibili: condizionare.
Ma in questa vicenda c’è anche dell’altro, che non torna.
E sì perché, posto che ogni azione ha a monte una ragione, e che per i reati, oltre all’accertamento dei soggetti, dei ruoli e delle azioni, è sempre necessaria l’individuazione del motivo per cui sia stata compiuta, chiamiamolo con il suo nome, di un movente, non sembra strano a nessuno che in questo caso, riproposto un pò da tutti i media in modo incessante, non una sola volta si sia sentita porre la domanda più semplice a cui sarebbe il caso di dare risposta. E cioè, perché sarebbe accaduto quel che è in corso di accertamento dinanzi all’Autorità Giudiziaria?
E sì, perché qui di sicuro c’è che una persona, esattamente individuata, è stata arrestata perché accusata di un reato. Chi lo ha arrestato è stato individuato, è stato individuato chi lo ha condotto dinanzi a un Giudice e processato. Poi Cucchi è stato associato al carcere, quindi trasportato in ospedale e dopo qualche giorno è morto. Sono state rivolte accuse a chi lo ha arrestato, a chi lo avuto in custodia, a chi lo ha curato (o omesso di curarlo), ma non è stato neppure indicato perché sarebbe stato trattato in quel modo, e cosa avrebbe scatenato la violenza da cui, secondo le accuse, sarebbe derivata la morte.
Non intendo certamente mettermi a fare io il processo, che già c’è chi lo fa per ruolo istituzionale, né discutere su torti o ragioni, ma semplicemente osservare quelle che per me sono domande rimaste senza risposta.
E poi, un’ultima domanda. Ma se fosse vero che Cucchi fu selvaggiamente picchiato nella notte e la mattina successiva portato dinanzi a un giudice, è pensabile che quel giudice, oltre al pm, pure presente, non abbiano notato nulla? E che vogliamo pensare che anche loro siano complici? Un pò troppo, non pensate? Ho tanto l’impressione che questa storiaccia, oltre a danni incalcolabili, porterà solo denaro a qualcuno.