Ha ragione Pierluigi Battista: in Italia una parte della magistratura si comporta come una sorta di polizia morale. Quella che in Iran, per intenderci, arresta le donne che non portano il velo o che non si comportano secondo le leggi della sharia. Parlando con il Giornale, l’editorialista e saggista punta il dito contro “il connubio avvelenato e ancora vivo fra segmenti delle Procure e giornali”. I magistrati in questione, dunque, “si ergono a guardiani della legalità, una sorta di polizia morale”. I riferimenti dell’intervista sono, ovviamente, i casi Santanchè, La Russa e Del Mastro. Tutti già condannati dal tribunale mediatico. Storie amare e sempre uguali che vanno avanti da trent’anni, distruggendo carriere, famiglie e vite.
Ma tornando alla polizia morale, le parole del giornalista aprono ad una riflessione più ampia, che non sappiamo se nelle sue intenzioni, ma che certamente non può sfuggire.
Da decenni la sinistra italiana, fedele alla linea sovietica del Partito comunista, impone l’egemonia del pensiero unico. Per coloro che non seguono i dettami dei moralizzatori, è prevista la messa al bando, il discredito sociale, la gogna mediatica o, nella migliore delle ipotesi, l’esilio e il conseguente oblio. Una sorta di sharia, che potremmo sintetizzare come la legge di Dio, non scritta, ma a cui ogni fedele deve aderire ciecamente anche qualora non ne condivida una parte.
Nel caso dell’Islam si tratta, come definito da Asma Afsaruddin, “di principi etici e morali ad ampio raggio” a cui il fedele devo sottostare. Del resto, il dogma della religione prevede un’adesione incondizionata anche quando, come nel caso della sharia, i principi vanno a regolare la vita quotidiana e non solo quella spirituale personale del singolo fedele. Tema complesso, vero. Come vero è che non solo l’Islam ma anche altre religioni, come ad esempio il cristianesimo, tendono ad invadere il campo della politica in nome di principi etici e morali che vorrebbero far valere anche per i non credenti.
E anche la sinistra italiana per anni ha imposto (e continua a farlo) il pensiero unico della sua ideologia. Attraverso scrittori, giornalisti, politici, attori e pensatori vari, ha prescritto con la forza un unico modello di società valido. Tutto ciò che non è omologato diventa ostile e, negli ultimi tempi, fascista, sessista, razzista…omofobo.
Il grimaldello attraverso il quale contenere il dissenso e i nemici, poi, è stata quella parte di magistratura politicizzata che attraverso indagini e fughe di notizie (a proposito: non sono mai fughe, ma notizie volontariamente date in mano ai giornalisti), hanno condizionato la vita politica e morale del Paese. E gli esempi non mancano. Silvio Berlusconi, da poco scomparso, è uno dei più noti anche sui giornali esteri, dove la sinistra è riuscita a dipingerlo come un malandrino, truffatore, ladro e mafioso con pure il vizietto delle donne. Del resto, il Cavaliere scendendo in politica aveva dichiarato guerra proprio ai comunisti.
Dunque, servirebbe un cambio di paradigma nella società. Se uno degli obiettivi del governo Meloni è quello di eliminare l’egemonia culturale imposta dalla sinistra per tanto tempo, il modo migliore potrebbe essere creare una vera Cultura di destra. Ma forse, ci permettiamo di suggerire, non attraverso l’occupazione di tutte le poltrone Rai. Piuttosto mettendo a servizio del Paese donne e uomini di spessore, affinché si diffonda realmente il vento del cambiamento. Altrimenti è un’altra sharia.