Il dibattito sulla riforma della giustizia, come sempre, si svolge tra portatori di interessi: politici e magistrati. Ma i veri stakeholder di questa partita sono i cittadini, che come al solito non hanno voce in capitolo. A loro tocca sempre soccombere, spesso per disinteresse. Quel disinteresse indotto dalle convenzioni sociali (e anche social) che mettono al primo posto i bisogni primari della gente, affinché il popolo sia impegnato in altro e non possa pensare a temi che, però, inevitabilmente si ripercuotono sulla vita quotidiana di ognuno.
Separazione delle carriere, concorso esterno in associazione mafiosa e abuso d’ufficio alla maggioranza degli italiani dicono poco o nulla. Eppure, ne va della democrazia e dello sviluppo di un Paese. Ma vai a spiegarlo al mercato, a quei pensionati che frugano tra le zucchine per trovare quelle più a buon mercato (perché il prezzo delle zucchine, da sempre, è il metro di misura per l’aumento del costo della vita).
E prova a spiegarlo anche a tutti gli analfabeti digitali che passano le giornate sui social a caccia di notizie gossip di quart’ordine e acquistano compulsivamente online qualunque cosa proponga il mercato. Oppure chiedi a quella categoria di influencer che hanno basato il successo sull’apparire, come ragione dell’esistenza. Soldi, lusso e l’illusione del potere. Mentre per coloro che non riescono a raggiungere questi obiettivi per mancanza di possibilità o anche di volontà, non resta altro che combattere quotidianamente contro il prezzo delle zucchine. E non hanno decisamente il tempo, la voglia e gli strumenti per crearsi un’opinione sulla riforma della giustizia o su altro. A questa parte di società è riservata attenzione solo durante la propaganda delle campagne elettorali. Poi il nulla.
Ecco allora che servirebbe un eresiarca (promotore o capo di un gesto eretico), scandaloso e sovversivo che ponga la questione della riforma della giustizia e quella del sistema Paese, sotto una luce nuova. A costui (o costei), servirebbe anche una buona dose di coraggio per smascherare, ad esempio, tutti gli intrecci tra politica e magistratura che fino ad oggi hanno retto l’impalcatura dell’ipocrisia impedendo il cambiamento.
Non è detto che continuare a fare le cose come si sono sempre fatte sia il modo giusto per farle. Il cambiamento, per quanto doloroso o difficile, potrebbe portare a condizioni di vita migliori per tutti. Ma un Paese paludato, vecchio e rancoroso, la sola cosa che è in grado di fare e perpetuare i propri errori all’infinito.
E vestire i panni dell’eretico è pericoloso: la scomunica è dietro l’angolo, così come il rogo.