Da alcuni giorni, sul web, la Wilayat (provincia) dello Stato Islamico Centrafricano (Iscap) ha diffuso un agghiacciante video in cui alcuni bambini soldato, imitando i miliziani più anziani del gruppo, decapitano alcuni ostaggi, anche coetanei, considerati kuffar (miscredenti).
Il filmato, girato presumibilmente nell’Africa centro orientale, in Congo o Mozambico, della durata di circa 2 minuti, è il più drammatico e violento tra le centinaia di video simili che, a quanto è dato sapere non contengono immagini dell’uccisione di minori condannati sommariamente ad essere giustiziati con decapitazione.
Ma nel video colpiscono sia l’età di coloro che vi compaiono, vittime e carnefici, sia la spietata, fredda determinazione posta in atto nel compiere la “giustizia sommaria” contro i miscredenti accompagnata dal rituale grido “Allahu akbar”.
Un chiaro segnale che il fattore psicologico che l’organizzazione terrorista affiliata allo Stato islamico sta applicando in Africa per espandersi, è la becera propaganda infarcita di indottrinamenti, costrizioni, punizioni e false promesse con la finalità di reclutamento o di sottomissione della popolazione ed avendo targettizzato ormai da tempo la fascia degli adolescenti, in pieno stile Daesh.
Il video, che non proponiamo per i contenuti altamente sensibili, segue alla campagna “militare” condotta da alcuni mesi dalle milizie affiliate allo Stato islamico nel continente africano che, attraverso la coesione di piccole unità di islamisti il franchising islamista nella regione è riuscito a unificare sotto il suo manto protettivo contribuendo a pubblicizzare il suo marchio.
Una strategia a lungo termine dello Stato islamico
È questa l’ovvia conseguenza in termini di strategia militare, poiché la perdita di territori nel teatro bellico mediorientale ha reso necessario trovare nuovi scenari per la prosecuzione della jihad del Daesh.
Il fantomatico gruppo che impropriamente abbiamo continuato a chiamare Boko Haram (istruzione occidentale proibita), in realtà denominato Jamāʿat Ahl as-Sunna li-daʿwa wal-Jihād (gruppo di “gente” della Sunna per la predicazione e la jihad), in assenza di adeguate misure a contrasto delle sue attività, ha rafforzato la collaborazione operativa con le altre unità fedeli allo Stato islamico, come appunto l’Iscap di cui si è detto che opera dal Congo al Mozambico in una sorta di divisione delle competenze territoriali tra i gruppi aderenti al network jihadista.
Dopo l’eliminazione di Abubakar Shekau, capo storico dei miliziani islamisti di Boko Haram, si è assistito a un gioco di alleanze dove sono entrate in campo sia Al Qaeda nel Maghreb Islamico, sia lo Stato Islamico, determinando una pericolosa situazione di spietata concorrenza nel condurre azioni terroristiche e per l’accaparramento di milioni di dollari frutto di assalti ad istituti di credito locali, depredando interi villaggi, trafugando da edifici amministrativi carte d’identità, patenti e passaporti e procurandosi armi e munizioni con gli assalti alle caserme delle forze di sicurezza. inoltre, la gestione del traffico di clandestini diretti in Europa, rappresenta l’affare più lucroso per i gruppi jihadisti che operano soprattutto nel Sahara occidentale, poichè non ostacolato, anzi a volte favorito, dalle forze di sicurezza dei Paesi coinvolti.
Il Mozambico fulcro della jihad nell’Africa orientale
Ma oltre alla sicurezza delle popolazioni locali, in gioco vi sono anche grossi interessi occidentali. Esempi lampanti, in Mozambico, sono l’impianto petrolifero francese della Total, in costruzione ad Afungi, o quelli italiani dell’Eni, operativi sotto la gestione delegata alla Bonatti che ne cura anche la sicurezza. Al momento, però, valutata la situazione di estrema instabilità del Paese, i francesi hanno battuto in ritirata e sospeso a tempo indeterminato ogni attività di sviluppo dei progetti estrattivi.
Il Mozambico, Paese in lenta via di sviluppo, rischia di vedere compromessa la realizzazione di impianti di estrazione di idrocarburi e risorse gassose da parte di investitori stranieri che potrebbero portarlo, nel giro di pochi anni, a diventare il secondo fornitore di Gnl al mondo, dopo il Qatar. Programmi che vedono l’Italia in prima fila come partner di Maputo con investimenti da decine di miliardi.
Ma la situazione, soprattutto nella provincia settentrionale di Cabo Delgado è in costante peggioramento a causa della guerriglia islamista. Il gruppo Iscap, responsabile della diffusione dell’orrendo video delle uccisioni di adolescenti, pare voler continuare il suo percorso di lucida follia. Sono innumerevoli gli attentati e gli assalti dei jihadisti documentati da video che ne esaltano le gesta che vengono diffusi in rete insieme alle sempiterne minacce all’Occidente con comunicati postati sui vari canali Telegram.
Colpire gli interessi dell’Occidente in Africa e continuare le traversate per attaccarlo al suo interno
Sul versante geografico opposto, l’Iswap, Al Qaeda nel Maghreb Islamico e Ansar al Sharia, sono i gruppi che si contendono l’agognato fattore aggiuntivo: gli investimenti europei in impianti nel continente africano che potrebbero rappresentare il remunerativo bersaglio di attacchi islamisti, come già accaduto nel gennaio 2013 in Algeria, ad opera di miliziani islamisti agli ordini del defunto Moktar Belmoktar, capo di Aqmi, con un sanguinoso attentato condotto contro l’impianto di estrazione del gas di Tigantourine, vicino ad In Amenas.
Furono oltre 800 gli operai di varie nazionalità presi in ostaggio durante l’assalto. Un azione durata ben 4 giorni e terminata con con un blitz delle forze speciali algerine che fruttò la liberazione di quasi tutti gli ostaggi. Ma il bilancio risultò comunque sanguinoso con circa 70 vittime tra ostaggi e terroristi e decine di feriti.
Una realtà operativa organizzata, leale e determinata quella rappresentata dagli islamisti del Maghreb che non nascondono le loro mire espansionistiche ed è inutile sottolineare come la vicinanza di alcuni Paesi, dove l’attività del terrore islamista è più che nota, rappresenti una spada di Damocle soprattutto per i confini meridionali europei, nella fattispecie quelli di Italia e Spagna. Confini colabrodo solo virtuali, in realtà comodi itinerari per infiltrare in Europa clandestini, delinquenti comuni e, soprattutto, miliziani islamisti.