Anche in Israele divampano le proteste contro l’immigrazione selvaggia dall’Africa. Il 30 agosto scorso, un intero quartiere popolare di Tel Aviv è sceso in piazza per protestare contro i ritardi nell’espulsione dal Paese dei 35.000 eritrei e sudanesi, entrati clandestinamente nel Paese, che rappresentano un serio problema per la sicurezza delle strade cittadine che hanno visto una crescita esponenziale dei crimini.
La protesta, indetta dalle Ong “Im Tirtzu “ e “My truth” e denominata la “Manifestazione della collera”, ha ottenuto ampi consensi tra la cittadinanza che non ha dimenticato le promesse del premier Benjamin Netanyahu in merito al rimpatrio dei clandestini previsto per il 2017. Numerosi manifestanti indossavano magliette con la scritta ” Fronte di liberazione di Tel Aviv”, chiaro segno di insofferenza a fronte di un fenomeno, quello migratorio, non nuovo per lo Stato ebraico ma che, negli ultimi tempi, ha assunto i canoni dell’invasione incontrollata.
Il responsabile di Im tirzu, Matan Peleg, ha dichiarato che a soffrire della situazione “non è solo il sud di Tel Aviv o Netanya o Eilat. Il fronte si sta espandendo. Gli eritrei tornino a casa”. Mentre Sheffi Paz, organizzatrice dalla protesta, ha affermato che dallo scorso anno, quando il premier Netanyhau visitò il quartiere e promise una rapida soluzione alla vicenda, nulla è cambiato, anzi, la situazione è degenerata.
Aspre critiche sono state rivolte anche al ministro degli interni Aryeh Deri ritenuto responsabile di avere allungato i tempi di un’intesa con l’Onu per la ricollocazione dei clandestini molti dei quali hanno visto già rifiutate le pratiche di richiesta di asilo politico.