Era il 24 marzo 2016, quando il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau appariva con il volto emaciato, stanco e con la barba folta, dichiarando la fine della lotta armata. Ma gli analisti s’interrogano sulla veridicità del video e degli ultimi attacchi particolarmente violenti durante il Ramadan.
Gli analisti si sono soffermati anche su cosa potesse essere cambiato per Boko Haram, in particolare rispetto alle risorse finanziarie. Se, infatti, le operazioni militari della forza mista degli stati del Lago Ciad (Ciad, Niger, Nigeria, Camerun) hanno apportato dei risultati positivi nella lotta all’organizzazione terroristica, dall’altra parte non sembrano esserci stati molti cambiamenti rispetto alle risorse finanziarie disponibili. Il controllo del territorio da parte del gruppo jihadista, determina anche il controllo su un flusso di risorse, legali e non, che alimentano le casse del movimento terroristico quasi in modo inesauribile.
Alcuni dei territori sotto il controllo di Boko Haram sono anche le assi del traffico di sigarette, cocaina ed eroina che si spostano dai porti di Mombasa e Dar es Salaam fino a quelli dell’Africa dell’ovest. Attraverso collaborazioni con le mafie locali, corruzione e minacce, riescono a ricavare ingenti somme di denaro in cambio della facilitazione del movimento di queste merci. Si stima che questi traffici, nel 2015, abbiano fruttato circa 800 milioni di euro: a titolo comparativo, il budget della Guinea Bissau, nello stesso anno, è stato di 117 milioni di euro.
Ai traffici in grande quantità, vanno sommati anche i contributi che vengono concessi o estorti alla popolazione locale. Per gli spostamenti locali, infatti, la popolazione nigeriana e camerunese del nord, è costretta a collaborare con il sistema del “pizzo” per non essere uccisa: vengono forniti carburante, motociclette, piroghe, cibo o rifugio. Questo sistema è favorito, purtroppo, anche dall’assenza degli Stati, fattore che condiziona il comportamento della popolazione che vede, a volte, di buon grado la collaborazione con i terroristi piuttosto che essere fedele ad uno Stato che non ha mai sostenuto nè investito in quei territori.
Sul lato ciadiano del lago Ciad, il governo ha cercato d’invertire questa tendenza attraverso un controllo maggiore del territorio ma anche attraverso delle ricompense in denaro per chi cattura o fornisce informazioni. Sul lato nigeriano invece, la situazione desta molte più preoccupazioni: alcune ricerche hanno dimostrato che l’organizzazione terroristica jihadista-sunnita ha messo in piedi, in alcune parti della regione del Borno, un sistema mafioso di micro-credito con il quale ha aiutato alcuni agricoltori a rimettere in piedi le attività agricole danneggiate dai combattimenti e dal passaggio delle truppe nigeriane. A fronte del video del leader Sheaku, la situazione reale sembra esser ben diversa e lontana da una soluzione definitiva.
Definizione e nascita di un gruppo terroristico
Il movimento terroristico di Boko Haram nasce nel 2002 a Maiduguri, nel nord-est della Nigeria, fondato da Ustaz Mohammed Yusuf nel 2002, con l’idea di instaurare la shari’a nel Borno con l’ex governatore Ali Modu Sheriff.
La “storica assenza” del governo nigeriano, in quella parte del Paese ha permesso a Yusuf, il quale venne ucciso nel 2009, di reclutare molti uomini, in particolare disoccupati e disperati che non avevano mai ricevuto alcun sostegno da parte del Governo.
Tra il 2009 e il 2015, il nuovo leader Shekau, ex braccio destro di Yusuf, spinge per un cambio di strategia che si evolve nel tempo e che prospetta un allargamento del raggio di azione verso gli altri Paesi. Infatti, gli Stati che si troveranno coinvolti appieno nell’emergenza Boko Haram, cioè il Camerun, il Ciad, il Niger oltre alla Nigeria, conosceranno le violenze della setta islamica sotto ogni forma.
Territorio di scontro, le rive del Lago Ciad, sul quali gli Stati si sono trovati a fronteggiare lo stesso nemico; in effetti, i Paesi rivieraschi del Lago avevano già sperimentato forme di collaborazione economico-commerciale, istituendo nel 1964 la Cblt (Commissione del bacino del Lago Ciad); dopo i recenti attacchi tra il 2014 e il 2015, gli Stati si sono trovati a fronteggiare anche la necessità di collaborare militarmente, come dimostra l’intervento diretto delle truppe ciadiane in Niger nel giugno del 2016. La risposta militare, però, non può essere l’unica soluzione al conflitto: se, infatti, in un primo momento Boko Haram aveva trovato terreno fertile nelle classi sociali più in difficoltà, di conseguenza è sempre su queste classi sociali che bisogna intervenire per far fronte a quella che è stata definita “la crisi educativa” del Lago Ciad.
Diverse organizzazioni umanitarie lavorano, per questo motivo, in questo ambito al fianco degli Stati, in quanto il cambiamento di mentalità e un riconoscimento del ruolo dello Stato sono fattori fondamentali su cui lavorare.
Se il termine Boko Haram deriva dalla parola hausa boko, che è liberamente traducibile come “educazione occidentale”, e dalla parola araba harām, che indica un divieto legale, metaforicamente il “peccato”, allora è proprio sul settore dell’educazione che bisogna lavorare, per permettere al popolo di acquisire un’educazione di base, secondo il modello di ogni Stato.