Condanne a morte per alcuni e ergastolo per altri. E’ quando disposto dal tribunale egiziano che si è espresso sulle pene da comminare ad un gruppo di 17 miliziani ritenuti affiliati all’Isis e coinvolti nella terribile decapitazione di 21 cristiani copti avvenuta in Libia nel febbraio del 2015. Per sette dei responsabili, la sentenza ha previsto la pena capitale, mentre per i restanti 10 è stato deciso il carcere a vita.
L’esecuzione ebbe luogo su una spiaggia libica tra Tripoli e Sirte e fu documentata con un video choc pubblicato su YouTube e altri social network, edito da al-Hayat media center, una sorta di agenzia di stampa dell’Isis. Le terribili immagini del filmato era commentato da uno jihadista travisato che, mostrando il mare colorato del sangue delle vittime, prometteva di raggiungere le coste italiane non lontane dal luogo dell’eccidio e da lì arrivare fino a Roma. In sovrimpressione, inoltre, appariva la scritta “un messaggio firmato con il sangue per le nazioni della croce”, a cui faceva seguito la barbara esecuzione dei 21 uomini.
Le forze di sicurezza egiziane, in collaborazione con quelle libiche fedeli al generale Haftar, in questi due anni hanno condotto le indagini tra i vari gruppi jihadisti affiliati al Califfato che imperversano sia nella zona costiera mediterranea, sia anche all’interno, spingendosi ad est verso il Sinai e a sud verso i confini traballanti con il Sudan e il Ciad. Dopo la cattura e il processo contro i 17 miliziani arrestati, fonti egiziane hanno riferito che sono tuttora in corso ulteriori indagini per identificare e assicurare alla giustizia anche i responsabili di un’altra esecuzione, quella di 29 cristiani copti etiopi, avvenuta nel mese di aprile del 2015 a Barqa, nella Libia orientale, sempre per mano di miliziani dello Stato islamico.