La caotica situazione creatasi in Medio Oriente, che vede gli Usa e parte degli alleati con il dito sul grilletto per punire le azioni sconsiderate di Bashar al Assad in Siria e dall’altra la Russia e l’Iran, tesi a mantenere fede all’alleanza decennale con la Siria, offre all’Italia la possibilità di essere, per una volta, l’ago della bilancia nel campo della politica internazionale.
Già, il nostro Paese, anche se a molti il particolare può sfuggire, a seconda dell’atteggiamento che intenderà assumere potrà contribuire a ridisegnare la mappa delle alleanze e, probabilmente, a ridurre considerevolmente la capacità degli Usa di intervenire a sproposito nelle crisi interne in seno a Paesi fuori dal loro ambito d’influenza. Stiamo parlando, infatti, della richiesta di utilizzo degli aeroporti militari che ospitano le forze aeree americane stanziate nella Penisola e, non in ultimo, delle testate nucleari operative nel nostro Paese.
Kelly Dignan, vice ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, martedì scorso ha avuto un lungo colloquio con il consigliere per gli affari esteri del premier Paolo Gentiloni. Obiettivo dell’incontro è stato quello di sondare gli umori del governo in relazione alla richiesta di utilizzo delle basi aeree di Aviano e Sigonella in caso di intervento militare in Siria. La questione non è di poco conto, se si considera che nella base siciliana, oltre a velivoli di tipo strettamente difensivo, caccia F-16, F-14 Tomcat, l’Usaf dispone di un cospicuo numero di aeromobili a pilotaggio remoto (APR) Global Hawk, di due squadroni di A-10 Thunderbolt II oltre che di velivoli per il rifornimento in volo comprese tre aerocisterne Boeing KC-135 Stratotanker arrivate proprio nella giornata di ieri dall’Inghilterra.
Il discorso si fa ancora più delicato se si considera che nei sotterranei delle basi di Aviano e di Ghedi sarebbero stipati circa 30 ordigni nucleari del tipo B61-12 con i quali armare i caccia bombardieri F-16 ospitati nella struttura friulana.
Una presenza tutt’altro che discreta quella statunitense che nel nostro paese conta più di 130 installazioni militari, e che non ha mancato, nel tempo, di suscitare aspre polemiche sia per la sindrome da perdita di sovranità del territorio nazionale, sia anche per l’inutilità del mantenimento delle strutture militari sorte durante l’epoca post bellica e sviluppatesi durante gli anni della guerra fredda. Ad oggi ridondanti e francamente inutili retaggi del passato se non per le crisi prostatiche di qualche leader giocherellone.