“Stiamo arrivando, molto presto”. E’ questo il messaggio che l’Isis ha voluto inviare ad Israele tramite il web. Negli ultimi giorni, infatti, si è rilevata un’escalation di minacce postate in Rete dai militanti del Califfato che con questa cyber-operation hanno voluto fornire rassicurazioni agli estremisti anti-israeliani, ed in particolare ai palestinesi, che lo Stato islamico non li ha dimenticati e che ritiene prossimo il suo arrivo a Gerusalemme, definita un “ponte verso l’Islam”.
I commentatori dei video pubblicati, in sottofondo, hanno voluto sottolineare la volontà di colpire con attacchi simultanei varie zone del Paese, minacciando contemporaneamente Israele e l’Egitto, definito suo alleato “apostata”. Le immagini che scorrono immortalano i combattenti dell’Isis su dune del deserto, quasi ad indicare la marcia verso Israele dal confine con la Siria. I video ritraggono anche le province del Califfato di Raqqa in Siria, Mosul in Iraq, Derna in Libia ed il Sinai, località identificate dall’intelligence come “mittenti” dei filmati.
L’Isis non è nuovo all’invio di minacce verso Israele, ma la simultaneità dei circa dieci videomessaggi ha stupito anche l’efficientissimo servizio di intelligence dello Stato ebraico. Gli esperti dell’antiterrorismo israeliano, che monitorano le forze dell’Isis, ritengono attendibili i messaggi del Califfato, anche in considerazione dell’indubbia capacità dei suoi militanti di compiere simultaneamente attacchi su diversi obiettivi, così come avvenuto recentemente in Europa. Negli ultimi giorni, in Israele ed Egitto, si è assistito ad un susseguirsi di eventi che rappresentano segnali non trascurabili a supporto della strategia tracciata dai seguaci di Abu Bakr al Baghdadi. Lo scorso 8 maggio, infatti, il gruppo jihadista egiziano Ansar Bayt al-Maqdis (difensori di Gerusalemme), che dal novembre 2014 ha prestato giuramento all’Isis, ha rivendicato l’uccisione di otto poliziotti egiziani, avvenuta ad Helwan, nella periferia de Il Cairo. Quattro terroristi mascherati, uscendo da un furgone che aveva bloccato la strada ad un minibus della polizia egiziana, hanno fatto fuoco con armi automatiche, uccidendo tutti gli occupanti e dandosi poi alla fuga.
Durante la stessa settimana, al confine sud della Striscia di Gaza, numerosi colpi di mortaio sono stati sparati contro le guardie di confine israeliane, senza causare vittime. L’azione è stata rivendicata dalla “Jihad Islamica” palestinese, mentre, in risposta al lancio di razzi da Gaza verso Khan Younis, l’aviazione israeliana ha colpito due infrastrutture occupate da membri di Hamas.
Il 10 maggio a Gerusalemme si è consumato l’ennesimo attacco di quella che è stata definita l’intifada dei coltelli. Due anziane donne sono state ferite a colpi di pugnale da due uomini nella zona di Harmon Hanatziv, nel sud della capitale. Gli aggressori si sono poi dati alla fuga verso il sobborgo di Jabel Mukaber. Nella stessa serata l’esplosione di un ordigno ha ferito un soldato israeliano nella zona del check point di Hizme, a nord di Gerusalemme. Quest’ultimo episodio ha calamitato l’attenzione degli esperti dell’intelligence israeliana poiché l’ordigno esploso avrebbe fatto parte di una più complicata “catena” di Ied, trappole improvvisate, da innescare in maniera asincrona così da coinvolgere anche i soccorritori ed eventuali curiosi accorsi sul posto. Sempre a detta dei servizi dello Stato ebraico, l’ordigno sarebbe stato predisposto da mani esperte che avrebbero ricevuto lo specifico addestramento dagli artificieri di Hezbollah che, verso la fine degli anni ’90, utilizzava proprio questo tipo di esplosioni concatenate per ottenere effetti devastanti.
Nell’elenco va ricordato anche Hamza bin Laden, figlio del defunto Oussama, che ha voluto fornire il suo personale contributo all’innalzamento della tensione divulgando un messaggio audio con l’obiettivo di chiamare a raccolta tutti i gruppi jihadisti siriani per unirsi nella lotta di liberazione di Gerusalemme e della palestina. Nel messaggio Hamza auspica l’unità di tutti i mujaheddin della “Ummah”, la comunità islamica mondiale, poiché “tutto il mondo si è mobilitato contro la nazione islamica” ed è quindi una “questione di vita o di morte perché se non siamo uniti verremo cancellati uno ad uno”. Il messaggio si conclude con l’auspicio che il ”campo di battaglia siriano” sia un’ ottima base per giungere alla liberazione della palestina. Al Qaeda non è comunque nuova a questo genere di proclami. La chiamata alle armi della comunità islamica mondiale, quando si ritenga attaccata dall’esterno, è parte integrante del jihad. L’esegesi degli Hadith (detti del Profeta riferiti da testimonianze) ne fornisce una spiegazione plausibilissima nel sottolineare che il jihad as-asghar (inferiore), a differenza del jihad al-akbar (superiore), inteso come sforzo interiore sulla via di Dio, è un obbligo per tutti i credenti, chiamati a raccolta per la difesa dell’Islam da un’ingiusta aggressione. Per i musulmani più ortodossi, questa interpretazione assume i canoni di un vero e proprio sesto pilastro della religione. In quest’ottica vanno interpretati i ripetuti appelli lanciati anche a firma dell’Isis, poiché rivolti alla comunità islamica mondiale per la difesa delle terre conquistate dal Califfato e storicamente già appartenute ai musulmani. In sostanza, gli ultimi eventi rappresentano una nuova pericolosa impennata dei proclami e delle azioni ostili contro Israele che i servizi segreti dello Stato ebraico non sottovalutano poiché ritenuta parte integrante dei piani degli alleati del califfo.
Proprio in senso preventivo possono essere interpretati i recenti e numerosi sorvoli dei droni militari israeliani compiuti ai confini nord-est del Paese, soprattutto nel governatorato di Nabitiyeh, zona con forte presenza di siti di Hezbollah.
Fonti dell’intelligence israeliana hanno riferito che le reti informative “già da tempo sono state messe sotto pressione a garanzia della sicurezza sia all’interno dei confini di Israele sia presso le comunità stanziate all’estero”, proprio in previsione di quella che sembra essere l’attesa “offensiva di primavera” dell’Isis. Le fonti hanno ironicamente aggiunto che “l’Isis verrà accolto a braccia aperte” dalle forze di sicurezza israeliane “se solo muoveranno un passo entro i nostri confini”.