Uomini che cercano la redenzione per i crimini commessi. Tossicodipendenti, membri di bande di criminali comuni e adolescenti. Sono questi i nuovi obiettivi del reclutamento dell’Isis. Con questa strategia, secondo gli ideologi del Califfato, i soggetti prescelti potranno così vedere finalmente legalizzata la loro carica violenta con una sorta di giustificazione morale che la società intenderebbe invece perseguire. Questa è, forse, l’arma segreta del Califfo. L’ultima tattica da praticare dopo i rovesci subiti in battaglia e le larghe zone di territori su cui lo Stato islamico ha perso il controllo.
“A volte la gente con il peggior passato crea il miglior futuro”, si legge il sull’ultima locandina postata sul web dall’Isis per attirare l’attenzione di criminali, emarginati e detenuti, e che non lascia dubbi. A questa illimitata rete criminale, il Califfato assegnerebbe compiti strategicamente secondari, come la violenza sulle donne, gli attacchi in massa contro le forze dell’ordine, il lucroso traffico dei clandestini e il controllo del territorio. Ma se ad un primo sguardo questi crimini potrebbero essere definiti secondari rispetto alla portata degli attacchi terroristici in larga scala, nell’ambito di una più vasta strategia di propaganda i reati commessi in nome e per conto dell’Isis attirano attenzione dell’opinione pubblica e spaventano la popolazione, in una sorta di generale sottovalutazione da parte di chi le subisce (siamo pochi e deboli) ed una sopravvalutazione da parte di chi le pone in essere (siamo tanti e forti).
Gli strateghi dell’Isis tenterebbero, così, di percorrere il duplice sentiero di mantenere alta la tensione in Occidente e nel tempo stesso di rendere fertile il terreno per il compimento di nuovi attacchi che si gioverebbero delle coperture della rete criminale nel frattempo reclutata. Questa chiamata alle armi di un ceto scevro da qualsiasi ideale morale o religioso, non va sottovalutata anche in considerazione dell’alto tasso percentuale di stranieri detenuti nelle carceri europee e dal rischio, già più volte evidenziato, dei percorsi di radicalizzazione intrapresi proprio tra le mura delle prigioni. Non sarebbe ipotesi inattendibile mettere in relazione questo fenomeno con i numerosi attacchi perpetrati contro la polizia in Francia nelle ultime settimane, proprio nelle zone delle banlieue. Attacchi addebitati a criminali comuni, forse troppo precipitosamente.
Ma anche ai più giovani è indirizzato l’appello dello Stato islamico. Ritenendo il viaggio in Siria troppo complicato per gli adolescenti, il Califfo li ha sollecitati a colpire nei paesi di residenza. Così ha sottolineato anche il portavoce del procuratore federale belga, Eric Van der Sypt, mercoledì scorso durante una conferenza stampa. Secondo Van der Sypt, questa nuova tendenza dello Stato islamico crea un’ulteriore “grave preoccupazione”. I minorenni rappresentano un target ideale perché facilmente prede delle influenze islamiste, ma anche per la facilità di sfuggire ai controlli e la riscontrata difficoltà di perseguirli penalmente quando catturati. Se il Califfato è agli sgoccioli sui campi di battaglia mediorientali, il pericolo è comunque in agguato. E questa volta non molto distante.