Attacchi in Italia e nuovi ordigni esplosivi. Sarebbero questi i due principali filoni che animano la strategia dell’Isis in questi ultimi giorni. Questi due aspetti, sebbene apparentemente lontani tra loro, sono invece uniti da un sottile filo di terrore.
L’ala internazionalista del gruppo terroristico sarebbe impegnata in una sorta di diatriba interna sull’opportunità o meno di condurre attacchi nel nostro Paese. Mentre una parte degli jihadisti ritiene che l’ora sia venuta per coinvolgere la Penisola in quella che ormai viene intesa come guerra generalizzata all’Europa, l’altra parte (che definire moderata è un mero eufemismo) tenta di calmierare gli animi dei più esagitati con la motivazione di continuare ad utilizzare il nostro paese come utile molo di transito per gli operativi e, non di meno, considerando l’Italia un luogo sicuro per eventuali ritirate da altri Stati dell’Unione europea che stanno stringendo la morsa dei controlli e delle espulsioni.
L’ipotesi di un coinvolgimento diretto del nostro paese nelle operazioni di bombardamento contro le postazioni Isis in Libia, e le indiscrezioni carpite da fonti militari su azioni di infiltrazione già effettuate sul territorio del paese nordafricano da parte delle nostre forze speciali, potrebbero comunque accendere la miccia di ritorsioni da parte di islamisti libici, già presenti all’interno dei nostri confini.
E’ bene ricordare che l’Italia, nel periodo immediatamente successivo alla caduta di Muhammar Gheddafi, svolse un ruolo di prim’ordine nell’accoglienza (per cure mediche) dei combattenti di ambo le fazioni del conflitto libico. Tra questi una buona parte si fece da subito riconoscere come appartenente alle milizie islamiste e trovò comunque accoglienza a Roma in strutture sanitarie ed alberghiere di livello elitario. Alcuni di loro, successivamente alle prime cure prestate, emersero con le loro personalità di mujahed all’interno delle comunità islamiche soprattutto romane e, pur segnalati dai servizi di informazione, fecero perdere quasi subito le proprie tracce. Numerosi miliziani libici tra quelli accolti in Italia dal 2014 avrebbero dato la loro completa adesione al progetto del Califfato, e proprio tali elementi rappresentano una presenza a dir poco pericolosa sul nostro territorio, anche tenendo conto della loro completa integrazione con le comunità islamiste capillarmente presenti ed operanti in Italia.
Al di là delle discussioni interne all’organizzazione terroristica ad oggi più temuta, l’ipotesi di attentati sul nostro suolo non è certamente da scartare, tenendo conto che al di fuori dei ranghi effettivi del Califfato agiscono altre entità, dai lupi solitari, agli emulatori agli pseudo-convertiti, che agiscono in piena autonomia senza la necessità di beneplaciti da parte dell’organizzazione madre. In questo si inserisce il dato emerso dall’utilizzo di nuovi manufatti artigianali che pare siano stati ampiamente pubblicizzati all’interno delle cellule jihadiste che operano anche in Occidente. L’autobomba esplosa il 3 luglio scorso nel sobborgo di Baghdad chiamato Karrada, che ha causato la morte di 292 persone ed il ferimento di circa 200 per lo più a causa delle gravi ustioni riportate, ha messo in allarme i servizi di sicurezza proprio per la modalità di assemblamento dell’ordigno. Si tratterebbe infatti di un ordigno artigianale la cui composizione, pur reperibile facilmente sul web, sarebbe stata modificata allo scopo di ottenere un maggior effetto deflagrante a scapito della potenza di detonazione. Da ciò che risulta, infatti, il cratere creato dall’esplosione avrebbe dimensioni assai minori di altri rilevati dopo attentati simili condotti proprio sul territorio irakeno. L’attacco di Karrada sarebbe stato definito inusuale da parte degli esperti anglo-americani interpellati in merito, poiché il calore sprigionatosi con l’esplosione sarebbe stato di gran lunga superiore a quello di esplosioni simili. Tali caratteristiche si potrebbero giustificare con una notevole aggiunta di fosforo bianco nel composto utilizzato per assemblare l’ordigno e farebbero pensare a mani esperte,oltre che a una sorta di triste sperimentazione di questo nuovo tipo di composto in un comune teatro di guerra. Proprio questa ipotesi è stata immediatamente riversata a tutti i servizi di intelligence europei impegnati a scongiurare l’offensiva dell’Isis degli ultimi mesi. Ovvio rilevare che l’utilizzo di questo tipo di ordigno, anche se in quantità limitata, in un luogo affollato di qualsiasi città europea, produrrebbe effetti ancor più devastanti di quelli riscontrati a Baghdad. In quest’ottica si inquadrano sia l’esperienza in combattimento, sia anche l’addestramento all’uso di ordigni improvvisati (Ied), che le cellule terroristiche libiche aderenti al Califfato potrebbero voler impiegare nell’ambito della jihad contro l’Europa e non solo.