Se siete appassionati lettori di John Le Carré o se vi siete emozionati guardando serie come The Americans e Deutschland ’83, Mitrovica è la città che fa per voi.
Centotrentamila abitanti (cinquantamila di origine serba, ottanta mila di origine albanese) è tagliata in due da un ponte sul fiume Ibar, chiamato “ponte di Austerlitz” per la sua somiglianza con l’omonimo parigino.
Un tempo elemento di separazione culturale e linguistica fra il nord serbo ed il sud albanese, il ponte ha progressivamente riacquistato la sua funzione di “congiungimento” di due sponde che stanno imparando a convivere, come ricorda anche il colonnello Maurizio Mele, comandante del Reggimento Carabinieri MSU (Multinational Specialized Unit) cui spetta il compito di garantire la sicurezza dell’infrastruttura.
Secondo Mele, infatti, oggi i giovani di ambo le sponde si incontrano e si frequentano forse perché -aggiungiamo noi – meno permeabili a quel revanscismo che ha infettato le generazioni nate prima della guerra.
Ma si sa, nei Balcani il tempo scorre molto più lentamente che nel resto d’Europa. E la Mitrovica serba è molto attaccata alla sua identità. Un bene, perché l’identità di un popolo è cosa importante purché non sia elemento nuovamente ostativo per ricucire un tessuto sociale nazionale ancora logoro.
A sostenere la causa del ricongiungimento, della pace e dell’armonia anche i Carabinieri del colonnello Mele, parte di quella Kosovo Force (KFOR) che, dal 1999, vigila sull’ex provincia serba diventata, poco più di quindici anni fa, la più giovane repubblica del Vecchio Continente.