Ibrahim Aoussaoui, 21 anni, tunisino, lo sgozzatore di Nizza, è sbarcato a Lampedusa. Una doccia gelata, un brusco risveglio per i “peace & love” de’ noantri. I paladini della “santa integrazione”, che registrano appunto tra le loro fila anche qualche tonaca decisamente di rilievo.
Tre persone massacrate in una chiesa. Il terrorismo che colpisce l’Europa, che calpesta le nostre radici cristiane. L’orrore islamista in casa nostra. Ma passato lo smarrimento iniziale, le anime belle della sinistra alzano il tiro e attaccano. E rovesciano la frittata con l’abilità che le contraddistingue da sempre.
E a chi nel centrodestra torna a puntare il dito contro gli sbarchi incontrollati e invoca la chiusura dei porti, ringhiano che il vero problema sono loro, “gli avvoltoi che si cibano di cadaveri e usano le tragedie per fini elettorali”. Così ha ululato per primo Luca Casarini, l’attivista no global, ex leader dei centri sociali, ora a capo della Ong Mediterranea. E pure con trascorsi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Gli saranno fischiate le orecchie mentre nella chiesa di Notre Dame a Nizza l’attentatore sferrava i colpi su quei poveri corpi? Chissà.
Ma ognuno difende il proprio orticello, si sa, e quello dell’immigrazione irregolare più che un orticello è un appezzamento di terreno che rende assai. E al capo di Mediterranea quel terrorista tunisino sbarcato a Lampedusa, che si era fatto un giretto per il Bel Paese con la tessera della Croce Rossa in tasca prima di andarsene in Francia a far saltare teste, rischiava di rovinare il raccolto.
Sul banco degli imputati, insieme al killer, sarebbero finiti anche i porti italiani ormai spalancati. A tutti. Anche ai tunisini, che non fuggono da nessuna guerra. E Casarini, che con i migranti ci porta la pagnotta a casa, ha scalciato duro.
Ma non è stata da meno il ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, che ha tenuto a precisare ieri in una conferenza stampa, che avrebbe dovuto avere la cortesia di sottotitolare per rendere comprensibile il concetto espresso a dir poco alquanto bizzarro, che la minaccia non arriva dai porti aperti.
Macché. “Il problema sono stati i decreti sicurezza di Salvini che hanno creato insicurezza”. Un’arrampicata sugli specchi fantastica. Ma l’ha detto. Sul serio.
E del resto c’è poco da stupirsi.
Perché un Paese che manda a processo un ministro che vuole chiudere i porti tutelando i confini nazionali ma anche quelli europei, e Nizza ne è la dimostrazione, e consente all’attuale titolare del Viminale, che fa entrare i terroristi, simili affermazioni è un Paese che tali spiegazioni merita di ingoiarle.
E che dire della manifestazione di ieri dell’associazione bengalese, Dhuumcatu, nella Capitale?
Il giorno dopo la strage di Nizza, a due settimane dalla decapitazione di Samuel Paty, l’insegnante francese che aveva mostrato in classe le vignette di Charlie Hebdo contro Maometto, i musulmani bengalesi a Roma hanno chiamato la piazza. Un’ associazione non nuova a queste iniziative. Quest’estate scrisse al presidente Mattarella, lamentando di “subire nel nostro Paese persecuzioni razziste e xenofobe” durante l’emergenza Covid. E ieri a due passi dall’ambasciata francese a piazza Farnese, un centinaio di persone ha denunciato “gli atti persecutori nei confronti della comunità islamica in Francia”.
Tagliano le teste ai cristiani e si rivoltano gli islamici che gridano alla persecuzione nei loro confronti.
Cornuti e mazziati, insomma.
Anzi invasi e sgozzati.
E chi dice che ora basta è un fascista e pure un avvoltoio.
Gli altri? Un po’ di sdegno di circostanza.
Senza infierire troppo, che poi si sciupa la “mangiatoia”. Il sacro business dell’accoglienza.
Due paroline e poi tutti muti.
Fino al teatrino della finta indignazione da recitare alla prossima strage.
Che purtroppo arriverà.
*Foto in evidenza profilo Twitter Ong Mediterranea Saving Humans