La potenza di fuoco del premier Conte sulle terapie intensive è rimasta sulla carta. E i soldi nel cassetto. A cinque mesi dal decreto Rilancio, che ne prevedeva il potenziamento, la maggior parte dei cantieri non è ancora partita, nonostante ci siano le risorse.
La nuova emergenza Covid ancora non c’è. Ma in molte regioni è già occupato circa il 30 per cento dei posti letto nelle terapie intensive.
L’esecutivo ha passato l’estate tra Stati Generali, con spritz e tartine d’ordinanza, e improbabili ordini di banchi a rotelle. Quando non pettinavano le bambole. E ora che la “seconda ondata” del Covid eccola, si sono svegliati di soprassalto.
Ma con quel bel gruzzoletto, 1,4 miliardi di euro per il potenziamento degli ospedali, di cui 606 milioni destinati proprio alle terapie intensive stanziato a maggio nel decreto, che ci hanno fatto?
Poco o niente.
“Dei posti letto aggiuntivi previsti cinque mesi fa nel decreto ne sono stati attivati solo il 30 per cento. E solo tre regioni, Veneto, Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia risultano essere sopra la soglia di sicurezza fissata dal Governo, 14 posti letto per 100 mila abitanti”. È quanto emerge da un’elaborazione del “Quotidiano Sanità” sui numeri del report del commissario per l’Emergenza, Domenico Arcuri, sullo stato di avanzamento dei lavori di potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale.
Esperti, task force pagate con i soldi nostri, professoroni ormai sempre in sala trucco per le ospitate tv si affannano a predicare rigore e responsabilità.
Pronti a gettare la croce sulle riunioni familiari, sulla movida, addirittura sui funerali, ma glissano furbescamente sui ritardi strutturali nella gestione del virus.
Ritardi sui quali pesa certamente un sistema di regole macchinose, come spiega il Quotidiano Sanità: “Ogni regione ha dovuto presentare il piano al ministero della Salute, che poi ha dovuto sottoporre il tutto al commissario per l’emergenza Arcuri. E solo a quel punto si è potuto finalmente avere il confronto con le regioni per il via ai lavori. Il bando si è chiuso l’8 ottobre scorso e sono solo nove le regioni che ad oggi hanno ricevuto la delega da Arcuri per iniziare le opere”.
Alla faccia dello snellimento della burocrazia, predicato dal Governo.
E pure dello stato di emergenza.
Contassero, e in fretta, i posti letto negli ospedali, quelli che dovevano potenziare, si rimboccassero le maniche, perché il virus non aspetta.