Un magazziniere egiziano e un cuoco italiano. Entrambi giovani e orbitanti nel mondo dell’antagonismo e dei centri sociali. E’ l’identikit dei due presunti responsabili del pestaggio al carabiniere durate la manifestazione (antifascista e antirazzista) del 10 febbraio scorso a Piacenza. I due sono stati individuati e arrestati da Digos e carabinieri al termine delle indagini partite immediatamente dopo i fatti.
Una storia di ordinaria violenza che arriva, come sempre durante le manifestazioni di piazza finite con scontri tra partecipanti e forze dell’ordine, dal mondo dell’antagonismo che si professa antifascista, antiviolento e antirazzista.
I profili dei due presunti responsabili, infatti, non sono particolarmente interessanti o diversi da altri. Lo schema è sempre lo stesso e anche la reazione dei ‘compagni’ è sempre la stessa. A seguito del fermo, infatti, sui social è partita la campagna di solidarietà da parte dei ‘colleghi’ giustificando, di fatto, l’aggressione al carabiniere. Un gesto ‘normale’ e da lodare per quella frangia di militanti che vorrebbe lo Stato assoggettato alle loro non-regole.
E così, nell’elenco dei nuovi “antifascisti militanti”, ritroviamo un giovane 28enne appartenente al centro sociale torinese “Askatasuna” e che è stato fermato a Bussoleno, all’interno di un ristorante. E’ accusato di lesioni, violenza e resistenza a pubblico ufficiale.
Il secondo fermato è un 23enne di origine egiziana fermato a Belgioioso, in provincia di Pavia. E’ accusato di rapina, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, violenza privata e lesioni aggravate in concorso.
Due profili come tanti tra coloro che, da anni, promuovono la violenza e il razzismo contro chi non condivide la loro ideologia. Troppo spesso coperti da una parte politica che, pur condannando a parole le violenze che l’antagonismo è riuscito a esprimere negli anni, dall’altra parte ha strizzato l’occhio ai contestatori in cambio di qualche voto.