Russia-Ucraina: il mondo sull’orlo di una crisi nucleare?
Il conflitto in Ucraina ha raggiunto un punto di svolta drammatico, sollevando inquietanti interrogativi sul futuro della sicurezza globale. L’utilizzo da parte delle forze armate ucraine di missili a lungo raggio ATACMS, forniti dagli Stati Uniti, per colpire il territorio russo, rappresenta un passo che ha scosso profondamente l’equilibrio strategico. L’attacco, mirato a una struttura militare nella regione di Bryansk, ha aperto un nuovo capitolo in una guerra che rischia di trascendere i confini locali per diventare un confronto diretto tra potenze globali.
Un cambio di dottrina: Mosca alza la posta nucleare
La risposta russa non si è fatta attendere. Vladimir Putin ha firmato un decreto che aggiorna la dottrina nucleare del Paese, abbassando la soglia per l’uso delle armi atomiche. Secondo il nuovo documento strategico, un attacco convenzionale contro il territorio russo, specialmente se perpetrato con il sostegno di una potenza nucleare, potrebbe giustificare una risposta nucleare. Questo cambio di strategia non è solo un avvertimento per l’Ucraina, ma un messaggio diretto agli Stati Uniti e agli alleati della NATO. Il segnale è chiaro: qualsiasi azione che Mosca consideri una minaccia esistenziale potrebbe innescare una risposta devastante.
comunicato PutinLa rete nucleare della NATO: un equilibrio precario
Per quanto si possa rivelare, in questo contesto, le basi nucleari della NATO in Europa assumono un ruolo centrale. Con circa 150 testate nucleari B61 distribuite tra Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia, l’Alleanza Atlantica si trova a dover bilanciare il proprio ruolo di deterrente con il rischio di essere percepita come un’aggressore strategico. Queste basi, tra cui Kleine Brogel, Büchel, Aviano, Ghedi e Incirlik, rappresentano sia un elemento di sicurezza per l’Europa che un potenziale bersaglio primario per la Russia in caso di escalation.
In chiave di repellenza, a fronte del copioso spiegamento russo, gli aerei come gli F-16, i Tornado e i più avanzati F-35, progettati per trasportare bombe nucleari tattiche, sottolineano la capacità della NATO di rispondere a eventuali minacce. Tuttavia, la loro stessa esistenza amplifica la tensione tra le parti, alimentando le percezioni russe di un accerchiamento occidentale.
In tutto ciò, la Turchia rappresenta per la NATO una sorta di “spina nel fianco” per le sue posizioni ambigue sia in relazione ai rapporti tra Ankara e Mosca, sia anche per il mal palesato sostegno ad organizzazioni terroristiche mediorientali, tra le quali emerge Hamas, i cui membri, da quanto trasparito, hanno ricevuto un’inaspettata offerta di ospitalità proprio nel Paese euro-asiatico.
Ciò non toglie che i Paesi NATO europei possiedano le capacità di rintuzzare l’eventuale palesarsi di una volontà aggressiva di Mosca, le cui indubbie capacità nucleari, sebbene da considerarsi come extrema ratio, rappresentino già di per se un gravoso rischio difficilmente affrontabile senza un degno scudo protettivo. Tuttavia, la Russia, avendo dovuto ricorrere ad approvvigionamenti da paesi terzi (Cina, Corea del Nord e Iran), e dovendo fare i conti con le pesanti perdite e gli altrettanto gravosi costi del conflitto con l’Ucraina, si trova comunque nelle condizioni di intraprendere “percorsi senza ritorno” che potrebbero totalmente porre in discussione l’intero establishment, in considerazione delle ripercussioni economiche che, all’interno del Paese si stanno già facendo sentire.
L’arsenale nucleare russo: un colosso della deterrenza con dotazioni diversificate strategicamente distribuite
La Russia, una delle principali potenze nucleari mondiali, mantiene un arsenale nucleare imponente, distribuito strategicamente in diverse basi sul proprio territorio. Questo arsenale, che costituisce la spina dorsale della politica di deterrenza di Mosca, si articola su una triade nucleare composta da missili balistici intercontinentali (ICBM), sottomarini strategici e bombardieri a lungo raggio. Di seguito, una panoramica dettagliata delle capacità nucleari russe basata sui dati disponibili da fonti militari pubbliche e analisi strategiche.
arsenale russoBasi di Missili Balistici Intercontinentali (ICBM)
Le basi terrestri di ICBM rappresentano il cuore della capacità di deterrenza nucleare russa. Questi missili, dotati di testate multiple MIRV (Multiple Independently Targetable Reentry Vehicles), sono in grado di colpire obiettivi a grande distanza con estrema precisione. Tra le basi più significative troviamo:
- Kozelsk: Ospita circa 40 missili RS-24 Yars, ognuno armato con 6 testate MIRV, per un totale di ~240 testate nucleari.
- Tatishchevo: Con ~50 missili RS-18 Stiletto e 6 testate per missile, questa base concentra ~300 testate.
- Uzhur: Equipaggiata con ~30 missili RS-20V Voevoda (SS-18 Satan), con una capacità di 10 testate ciascuno, per un totale di ~300 testate.
- Dombarovsky: Sede di ~25 missili RS-20V e RS-28 Sarmat, capaci di trasportare 10-15 testate ciascuno, accumula un arsenale stimato in ~350 testate.
- Kartaly: Con ~20 missili RS-24 Yars e un totale di ~120 testate.
- Aleysk: Con ~15 missili RS-24 Yars e un totale di ~90 testate.
Totale stimato: Circa 1.400 testate operative distribuite nelle basi ICBM.
Basi Navali per Sottomarini Strategici (SSBN)
La componente marittima della triade nucleare russa è rappresentata dai sottomarini strategici, capaci di lanciare missili balistici con testate nucleari dal mare. Le basi principali includono:
- Nerpich’ya: Ospita 6 sottomarini delle classi Delta IV e Borei, ciascuno armato con 16 missili, ognuno dei quali trasporta 6 testate MIRV, per un totale di ~576 testate.
- Yagel’Naya: Con 4 sottomarini delle stesse classi e una capacità di ~384 testate.
- Rybachiy: Base per 2 sottomarini della classe Borei, con ~192 testate complessive.
Totale stimato: Circa 1.200 testate operative.
Basi Aeree per Bombardieri Strategici
La componente aerea dell’arsenale nucleare russo include bombardieri strategici in grado di trasportare missili da crociera nucleari:
- Engels: Base per ~20 bombardieri Tu-160 e Tu-95MS, equipaggiati con missili Kh-102 e una capacità combinata di ~240 testate.
- Ukrainka: Con ~15 bombardieri Tu-95MS, armati di missili Kh-55, per un totale di ~180 testate.
Totale stimato: Circa 600 testate operative.
Basi per Missili Tattici
La Russia mantiene un arsenale tattico considerevole, utilizzabile su vettori a corto e medio raggio. Tra i sistemi più noti:
- Iskander-M: Sistema missilistico balistico con ~150 vettori, ognuno armato con una testata nucleare.
- Kalibr: Missili da crociera navali, con una capacità stimata di ~200 testate.
- Kh-47M2 Kinzhal: Missili ipersonici trasportati da aerei, con ~50 vettori disponibili.
Totale stimato: Circa 400 testate distribuite in arsenali tattici.
Il totale stimato delle testate operative nelle basi russe è impressionante: oltre 3.200 testate nucleari distribuite tra basi terrestri, navali e aeree. A queste si aggiunge un vasto arsenale di riserva e sistemi in fase di sviluppo. La diversificazione strategica e la modernizzazione continua dell’arsenale sottolineano il ruolo centrale della deterrenza nucleare nella politica di sicurezza russa, alimentando al contempo le preoccupazioni internazionali per un possibile utilizzo di queste armi in un contesto di escalation globale.
Il rischio crescente di una negativa evoluzione delle tensioni
La guerra in Ucraina ha spinto le basi nucleari, sia della NATO che della Russia, al centro della scena strategica. L’attacco ucraino a Bryansk, supportato da armamenti occidentali, ha contribuito a far percepire a Mosca un’escalation diretta delle ostilità. Questo aumento delle tensioni si traduce in un rischio concreto di risposta sproporzionata, compresa la possibilità di un uso limitato di armi nucleari tattiche.
Allo stesso tempo, la NATO si trova in una posizione estremamente delicata. Il supporto militare a Kiev è cruciale per resistere all’aggressione russa, ma alimenta una narrativa di accerchiamento che Mosca sfrutta per giustificare le proprie azioni. Gli Stati Uniti, come principale sostenitore dell’Ucraina, sono ora al centro delle critiche, con una politica estera che alcuni definiscono miope e incapace di bilanciare la forza militare con gli sforzi diplomatici.
Il ruolo dell’Intelligence
La cosiddetta “guerra di spie” che, dopo una relativa pausa decennale successiva alla “rimozione” della cortina di ferro, si è da tempo riproposta tra i due blocchi opposti.
Le iniziative di FSB e GRU in Europa, non sono state scevre dai servizi di Intelligence continentali, così come degli USA.
Le presenze di agenti ed antenne di Mosca nel nostro Paese è una storia che si ripropone, con tematiche e schemi diversificati.
In particolare, la presenza di agenti russi in Italia rappresenta un tema complesso e delicato, alimentato da attività clandestine che sfuggono alla rilevazione diretta. Tuttavia, basandosi su rapporti di intelligence, analisi strategiche e informazioni pubbliche, è possibile tracciare un quadro delle dinamiche e delle aree di influenza degli agenti russi sul territorio italiano.
Secondo fonti di intelligence occidentali, una parte significativa del personale ufficiale presente nelle ambasciate e nei consolati russi in Italia sarebbe legata ai servizi segreti di Mosca, tra cui l’SVR (Servizio di Intelligence Esterno), il GRU (Direzione Generale dell’Intelligence Militare) e l’FSB (Servizio Federale di Sicurezza).
Si stima che tra il 30% e il 40% del personale diplomatico russo in Italia svolga attività di spionaggio sotto copertura ufficiale. Considerando la presenza di circa 150-200 funzionari russi, ciò si traduce in 50-80 individui che operano come spie sotto copertura diplomatica. A questi si aggiungono agenti “non ufficiali” (NOC), che agiscono in ambiti aziendali, culturali o accademici, confondendosi con la popolazione locale e agendo senza il riparo dell’immunità diplomatica.
Gli agenti russi in Italia si concentrano prevalentemente in città e regioni strategiche, scelte in base alla loro rilevanza politica, economica e militare.
La Capitale è un punto focale per le attività di spionaggio, e solo di matrice russa, considerata la presenza delle principali istituzioni politiche italiane, del Parlamento e del Governo, nonché di organizzazioni internazionali come la FAO e l’ONU. Qui, le attività si concentrano sulla raccolta di informazioni di politica estera, sull’influenza politica e sul monitoraggio delle relazioni tra Italia e NATO. L’ambasciata russa e il consolato generale sono i principali punti di riferimento per queste operazioni.
Milano è il cuore economico e finanziario dell’Italia, sede di multinazionali, fiere internazionali e centri di innovazione. Le spie russe qui si focalizzano sullo spionaggio industriale e tecnologico, infiltrandosi nei settori energetico, bancario e delle nuove tecnologie. La città ospita anche reti di affari e associazioni culturali legate alla Russia.
Napoli è sede del Comando NATO per il Sud Europa (Joint Forces Command Naples), rendendola un obiettivo cruciale per le operazioni russe. Le attività di spionaggio qui sono orientate alla raccolta di informazioni militari e al monitoraggio delle operazioni NATO nel Mediterraneo. Gli agenti potrebbero agire anche attraverso la comunità locale e reti non ufficiali.
Trieste, con la sua posizione strategica vicino ai confini dell’ex blocco sovietico, è un punto d’accesso cruciale per le attività russe in Europa. L’interesse qui si concentra sulle operazioni economiche e sul controspionaggio, sfruttando il nodo logistico e commerciale della città.
Ma significative infiltrazioni operano anche nelle province di Varese, Verbania, Cuneo, Como, La Spezia, Ancona e Palermo, ritenute zone di fondamentale importanza strategica nell’ambito di aziende fondamentali per il loro ruolo cardine per l’economia italiana. E’ significativo come per le ultime province citate le presenze “ostili” rivestano il ruolo di facoltosi uomini d’affari e non certo quelli di soggetti ben integrati nella nostra realtà sociale ma, in realtà, emissari russi sotto mentite spoglie.
Le attività degli agenti di Mosca in Italia si estendono in diversi asset strategici che così si possono distinguere:
Militare: Raccolta di informazioni su basi NATO e collaborazioni militari italiane.
Energetico: L’Italia, uno dei maggiori importatori di gas russo, è un terreno fertile per le infiltrazioni nelle aziende del settore energetico.
Tecnologia e ricerca: Accesso a progetti avanzati nei settori aerospaziale, dell’intelligenza artificiale e dell’energia nucleare.
Propaganda: Operazioni di disinformazione e influenza sui media e sui social network, volte a destabilizzare l’opinione pubblica e dividere i Paesi occidentali.
Gli “operativi” russi utilizzano una varietà di metodi per raggiungere i loro obiettivi. Tra i più comuni figurano essenzialmente quelli della “Copertura diplomatica” con operazioni condotte da funzionari delle ambasciate e dei consolati; “Infiltrazioni aziendali”mediante l’uso di società di copertura o partnership con imprese locali;”Associazioni culturali con la promozione della lingua e cultura russa come mezzo per ampliare le reti di contatti;”Accademie”: Infiltrazione nelle università e nei think tank per accedere a informazioni sensibili e reclutare talenti; “Reclutamenti”, compiuti nel vasto bacino di giornalisti, analisti, militari e politici, spinti alla collaborazione dietro lauti compensi.
La presenza di spie russe in Italia sottolinea l’importanza del Paese nei calcoli strategici di Mosca, sia come hub energetico che come membro chiave della NATO. Monitorare e contrastare queste attività richiede una stretta cooperazione tra intelligence italiana e alleati internazionali, oltre a un’attenta sorveglianza delle aree e dei settori a rischio. In un contesto di crescenti tensioni geopolitiche, l’Italia rimane un obiettivo di primo piano per le operazioni di spionaggio russo.
Prospettive future: diplomazia o disastro
Il panorama attuale offre tre possibili scenari: un’escalation controllata, in cui le parti continuano a operare entro limiti definiti, un’escalation totale che potrebbe coinvolgere direttamente la NATO, o una de-escalation improbabile ma necessaria. Quest’ultima richiede un intervento diplomatico robusto, con attori come Cina e India che potrebbero svolgere un ruolo chiave nella mediazione.
Tuttavia, l’assenza di una strategia chiara da parte dell’amministrazione Biden e la crescente aggressività della politica russa lasciano poche speranze per una risoluzione rapida. Il futuro insediamento del neo-eletto POTUS Donald Trump, sul quale peraltro si ripongono le speranze di Mosca di una riapertura di un dialogo costruttivo, potrebbe giocare un ruolo chiave nell’ammorbidimento delle rispettive posizioni, ma ciò non potrà avvenire sino alla definitiva esautorazione dai poteri dell’establishment dei cosiddetti “democratici” attualmente al potere la cui influenza perniciosa ha proiettato l’intero Globo in uno scenario quasi apocalittico.
Mentre il mondo osserva con apprensione, l’Europa rimane in bilico, trasformandosi nel possibile epicentro di un conflitto nucleare è, quindi, essenziale che la comunità internazionale agisca con urgenza per prevenire una catastrofe globale.