Magari l’ispirazione le è venuta vedendo quelle foto del cruscotto delle auto, postate sui social, che testimoniano le temperature pazzesche che stanno infuocando il nostro Paese. O magari è stato uno scrupolo di coscienza. Chissà. Ma Luciana Lamorgese deve aver buttato un occhio sul ‘cruscotto degli sbarchi’ per snocciolare le cifre dei migranti che sbarcano sulle nostre coste, nel corso di una conferenza stampa alla Prefettura di Catanzaro dopo aver presieduto una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Si chiama proprio così infatti, ‘cruscotto’, ed è un servizio del ministero dell’Interno. Accessibile a tutti, basta andare su quella sorta di Bibbia 2.0 che è Google e digitare appunto ‘cruscotto degli sbarchi’. Qui vengono registrati, quotidianamente, il numero e la nazionalità, almeno quella che viene dichiarata al momento dell’identificazione, di quanti arrivano con i barconi sulle nostre coste.
Che quelli politicamente corretti chiamano migranti, ma che sono clandestini a tutti gli effetti, anche se non si può dire altrimenti insorgono sinistra, ong e tutto il cucuzzaro.
E il Ministro ha dovuto ammettere che rispetto allo scorso anno sono “aumentati del 30 per cento gli arrivi dalla Turchia”. “Migranti che provengono dalla Libia, dalla Tunisia, dall’Egitto, molti dal Bangladesh, dal Sud dell’Afghanistan e dal Pakistan”, come ha sottolineato la Lamorgese e come risulta appunto dai dati forniti dal ‘cruscotto degli sbarchi’. Dove in cima alla lista, dati aggiornati al 1° luglio, ci sono appunto i migranti provenienti dal Bangladesh, con 4.724 persone. A seguire coloro che arrivano dall’Egitto, 4.267, poi quelli di nazionalità tunisina, 3.997. E poi tutti gli altri.
Ma quello che colpisce è che nelle prime tre posizioni vi siano migranti provenienti da Paesi non in guerra. Ma che con la nostra politica migratoria ‘dell’Avanti c’è posto’ continuano ad arrivare indisturbati. E qui spesso restano. Nonostante il Ministro ancora cianci di “Relocation nella gestione dei flussi”, un sistema che sarebbe stato sottoscritto da 18 Paesi della Ue lo scorso giugno a Lussemburgo e del quale si parla da sempre con scarsi risultati nella ricollocazione dei migranti. ‘Migranti’ che il ministro dell’Interno confonde maldestramente con i ‘profughi’, quando afferma candidamente che “una volta che i profughi sono in mare non si possono far tornare indietro, ci sono norme internazionali che impediscono comportamenti di questo tipo”. Ma vogliamo definire ‘profugo’ anche chi proviene dal Bangladesh o dall’Egitto o dalla Tunisia, Ministro? E da quale guerra scapperebbero, di grazia?
E mentre la Comunità di Sant’Egidio invoca “più corridoi umanitari e meno Bossi-Fini”, ovvero meno misure restrittive, e butta dentro tutti, profughi e migranti, volendo seguire la scia di quanto accade negli Usa, dove la Corte suprema americana ha aperto la strada allo smantellamento della legislazione in materia di immigrazione introdotta da Donald Trump, arriva la soluzione bucolica che trova il plauso della Coldiretti. Novemila fattorie sociali in arrivo. Dove oltre alle fasce più disagiate della popolazione italiana, dalle famiglie in difficoltà, agli anziani, ai bambini e ai disabili, troveranno accoglienza anche migranti e rifugiati. Questo grazie all’approvazione da parte delle Commissioni alla Camera nel corso dell’iter di conversione del decreto legge ‘Aiuti’.
Il solito fritto misto dove ci stanno dentro tutti. Disabili e migranti, tanto per tacitare le coscienze di chi volesse provare ad obiettare. Migranti nelle fattorie, nei campi. A raccogliere pomodori e angurie. ‘Fattorie sociali’, inclusione, inserimento e bla, bla, bla. Speriamo che alla fine non sia solo un caporalato legalizzato agli ordini delle solite cooperative di ‘italiani brava gente’. Vigileremo. E ci auguriamo lo faccia anche chi di dovere.