Obiettivo Iran: una roccaforte non inespugnabile
Mentre continuano i raid dell’IAF sui luoghi sensibili dislocati in varie aree del territorio iraniano, le forze del regime teocratico di Teheran, prive di reali leader eliminati nei giorni scorsi, si interrogano sulle possibilità di continuare a nuocere all’integrità del territorio di Israele e dei suoi alleati.
Basandosi su informazioni accertate, il 40% delle rampe di lancio “fisse” iraniane è stato distrutto, circa 144 lanciatori, e vi è ragione di credere che alle forze iraniane siano rimaste circa 216 basi di lancio per vettori. Ciò partendo dall’assunto d’Intelligence che stimava in un totale di 360 i “lanciatori” per missili balistici a lungo raggio. Nel computo non è possibile stimare i “TEL”, ovvero i veicoli militari specializzati, la cui movimentazione continua, sebbene monitorata, è scevra dall’occultamento in basi sotterranee nelle quali vengono rifornite e riarmate per i successivi impieghi.
Consideriamo, quindi, che l’armamento complessivo iraniano possa essere stimato come di seguito ipotizziamo.
Copertura geografica dei TEL in Iraq
TEL mobile 6×6, 8×8, 10×10 trasportanti vettori Zelzal, Qiam, Sejjil e altri MRBM avanzati che sono stati fotografati via satellite su strade secondarie e depositi controllati dalle PMF, soprattutto nelle province centro-sud (Baghdad, Diyala, Babilonia). Ma nel territorio iracheno hanno sede numerosi depositi sotto copertura: le strutture militari iraniane in Iraq, spesso situate vicino a basi PMF, ospitano TEL pronti al lancio e vi è poca trasparenza su ubicazione precisa .
Rete iraniana
Hub e basi di stoccaggio
In Iran, i complessi sotterranei di Khojir e Modarres, oltre alle “Missile Cities”, fungono da centri di stoccaggio ed assemblaggio, collegati via rete logistica a Parchin–Isfahan–Sayyad–Tailored valley, e servono come basi primarie per rifornire i proxy in Iraq.
I TEL viaggiano lungo corridoi stradali e reticolati ferroviari dagli hub iraniani, spesso utilizzando trasporti notturni e copertura mitologica per eludere il rilevamento.
Stima delle scorte residue
Missili Zelzal, Fateh‑110, Qaim‑1/2: SRBM trasferite con residui stimati in Iraq: 20–60 unità di ciascun tipo.
Missili Jamal‑69, Quds‑351 (Arqab/Paveh): lotti recenti (aprile 2025), sottostimati ma implicano almeno 10–20 cruise e ballistic each.
Missili Haj Qassem / Qassem Bassir: con gittata MIRV fino a 1.400 km; trasferimenti recenti verso proxies rendono difficile una stima attendibile, ma si valuta tra 5–15 artefatti per tipo.
ATGM e droni: scorte residue irrilevanti logisticamente rispetto ai MX, ma supportano network SRBM.
Totale missili stock in Iraq (stimato), 70–150 tra SRBM/MRBM/CR cruise, in costante rinnovamento con rotazione presso hub iraniani.
Impatto logistico
Gli Hub sotterranei in Iran (Khojir, Modarres, Parchin) fungono da snodi centrali per produzione, carico TEL, manutenzione, e preparazione.
Corridoi strategici: via stradali su Nissan line (Karaj–Baghdad); camion notturni e copertura con carichi civili misti.
Magazzini temporanei su territorio PMF che permettono una rapida rilocalizzazione via TEL presso depositi nascosti.
Manutenzioni richieste: SRBM solid-fuel (Fateh, Zelzal, Haj Qassem) richiedono meno manutenzione immediata ma aggiornamento elettronico del sistema di guida, per cui i tecnici IRGC ruotano periodicamente.
Turnover continuo: sistemi trasferiti ruotano tra hub e depositi proxy; ciclo di 4–8 settimane tra trasferimento e rientro per revisione.
Immediatezza di intervento
TEL mobili + depositi dispersi in 10–15 siti indicati comportano tempo di risposta rapido.
La densità di TEL implica la capacità di saturare difese avversarie tramite il lancio sincronizzato.
Conclusioni e implicazioni
La rete estesa di TEL mobili e depositi proxy garantisce dispersione strategica e resilienza logistico-operativa.
Stock residui elevati mantengono la pressione: nuovi arrivi di MRBM avanzati accentuano capacità deterrente e proiezione.
Manutenzione e logistica organizzate mostrano un network delle IRGC sofisticato, con capacità rotative di supporto avanzato.
I dati debbono essere necessariamente posti in relazione all’attuale e reale disponibilità di personale specializzato, ovvero, tenere conto delle perdite subite dagli iraniani negli ultimi giorni ed alla riscontrata difficoltà di approvvigionamento provocata dai bombardamenti sulle principali vie di comunicazione terrestre.
É plausibile che le derrate di vettori forniti negli ultimi mesi a Mosca abbiano ridotto notevolmente le “disponibilità” di magazzino iraniane, sfornendole soprattutto dei micidiali Shaheed di ultima generazione.
Considerato quanto sopra descritto, è possibile che il regime, sebbene allo sbando, possa tentare di giocare le sue ultime carte per indurre i proxy yemeniti, iracheni, libanesi (Hezbollah) a non abbandonare la causa comune.
Senza scartare la minaccia del blocco dello Stretto di Hormuz, itinerario vitale per il commercio petrolifero anche e soprattutto per l’Occidente, che verrebbe comunque scongiurato da un intervento multinazionale di USA e UE, vi è da prendere in considerazione l’ipotesi peggiore: il ricorso a vettori con testate a base chimico-biologica.
Giova, comunque, ripercorrere in sintesi il programma di armamento non convenzionale percorso dal regime al potere nel corso degli anni.
Il Programma iraniano di ricerca e produzione di armi chimiche (CW)
Origini e capacità
Dopo gli attacchi chimici dell’Iraq negli anni ’80, l’Iran sviluppò autonomamente un programma CW, producendo agenti vescicanti, emorragici, soffocanti e probabilmente neurotossici .
Stoccaggio e siti storici
Damghan (a circa 300 km da Teheran) è il principale centro di produzione, con capacità fino a 1 000 tonnellate annue, ma anche Esfahan, Parchin e Qazvin vengono indicate come siti produttivi o di stoccaggio.
L’Iran ha firmato il Chemical Weapons Convention nel 1993, ratificato nel 1997, dichiarando la distruzione del suo principale impianto. Tuttavia, le agenzie USA hanno espresso dubbi sull’effettiva cessazione del programma, ipotizzando scorte e ricerca RW attive in anni successivi .
Il Programma iraniano di armi biologiche (BW)
Centri di ricerca “sospetti” sono stati individuati nel tempo presso l’Imam Hossein University (Tehran) ove ha sede un laboratorio dedicato ad agenti quali antrace, vaiolo, aflatossine. Lo Shahid Meisami (Karaj) “Biological Research Center” gestito da Special Industries Group.
Il programma iraniano si avvale di collaborazioni estere (Cina, Russia, Corea del Nord) anche per la presunta produzione di armi biologiche sino dagli anni ’80.
Le valutazioni delle Agenzie di Intelligence occidentali, nonostante l’adesione al Biological Weapons Convention da parte di Teheran, evidenziano elevati rischi, specialmente nel caso di scenari di crisi.
I vettori in dotazione all’Iran: missili e droni
Missili balistici
L’Iran possiede una rete di basi sotterranee per il lancio di missili balistici, denominata “Missile Cities”, distribuite in molte province, con silos profondi fino a 500 metri.
Le Basi note si trovano a Khorramabad, Kenesht (Kermanshah), Panj Pelleh, Bakhtaran, Haji Abad, con un plus di installazioni costiere attivate nel 2025.
Dispiegamento di CW/BW su missili
Sussistono gravi indizi circa la possibile integrazione di agenti neurotossici in testate per missili Scud presso l’Isfahan/Chemical Industries Group, ma la maggiore preoccupazione è instillata dall’utilizzo degli UAV, teoricamente idonei alla diffusione di agenti chimici, come illustrato da studi su delivery per aree limitate usando veicoli esplosivi o sistemi spray .
Siti di stoccaggio strategico
Basi di immagazzinamento analizzate
Tabriz, dove si troverebbe un potenziale deposito di BW, così come a Qazvin dove, oltretutto, si produrrebbe il Sarin ed il Soman, appartenenti alla categoria dei “gas nervini”.
Le implicazioni tattiche si giovano di una combinazione di laboratori universitari e chiavi industriali con capacità logistiche sofisticate che indicano una rete distribuita e resiliente per produzione e stoccaggio.
Nuove emergenze e aree “cover”
Il sito “Rainbow”/Ivanaki, secondo NCRI e fonti informali, coperto come impianto chimico, svolge estrazione di trizio per armi nucleari e testate missilistiche fino a 3 000 km di gittata. Il sito sarebbe militarmente protetto e operante dal 2013 nell’Iran sud-orientale.
LA BASE STRATEGICA DI FORDOW
La base di Fordow (o Fordo) è uno dei siti nucleari più sensibili dell’Iran, attualmente nel mirino dell’IAF, poiché considerato come una potenziale consolidata minaccia per Israele, anche tenendo conto della quasi assoluta impermeabilità dell’impianto.
Localizzazione e strutture
Situata sotto una montagna vicino al villaggio di Fordo, a circa 32 km a sud di Qom e 160 km a sud‑ovest di Teheran.
Costruita inizialmente come base missilistica dell’IRGC, venne successivamente convertita in impianto sotterraneo di arricchimento dell’uranio.
Costruito profondamente a circa 80 metri di profondità, è protetto per resistere attacchi aerei convenzionali/bunker buster.
Le strutture includono due unità di centrifughe multiple con lunghe gallerie sotterranee con ingressi diversificati, sistemi anti-esplosione e bunker bunker rails. Il tutto difeso da missili S‑300 e sistema “domestico” Bavar‑373.
Capacità e contenuti
Centrifughe: circa 1.044 IR‑1 operative in un’ala e ulteriori cascade eventualmente per isotopi e arricchimento avanzato.Non risultano essere tra le più efficienti, ma combinate con cascade avanzate permettono all’Iran una capacità significativa di breakout nucleare.
Arricchimento
In passato limitato al 5 % (per produzione di isotopi medici), ma dal 2021 l’arricchimento ha raggiunto il 20 % ed oltre (Stima IAEA).
Nel marzo 2023 sono stati rilevati materiali arricchiti all’83,7 % U‑235, equivalenti ad un livello di armamento nucleare.
Recenti attacchi e resilienza
Strike israeliani (13–14 giugno 2025) hanno colpito strutture esterne, ma le gallerie sotterranee non sono state danneggiate.
Il sito continua ad arricchire uranio fino al 60 %, mentre l’IAEA conferma operatività centrifughe profonde.
Analisi tattico-strategica
Integration sotto un ghiacciaio e fortificazione anti-bunker, difese aeree efficaci, Fordow appare come “la fortezza più dura” da neutralizzare. La sua capacità nucleare avanzata, il materiale ad alte percentuali radioattive con centrifughe attive il peculiare rischio di breakout rapido, lo rendono pressoché intoccabile anche considerando l’elevato rischio di nubi radioattive nel caso di un’esplosione provocata e non limitata. La base di Fordow è, quindi, un nodo critico della capacità nucleare iraniana, profondamente protetto e con capacità di arricchimento a soli essenzialmente militari. Un obiettivo altamente sensibile e resiliente, al di là della portata autonoma di Tel Aviv, ma non certo inespugnabile, anche in considerazione della presenza di almeno 4 differenti accessi, ai condotti di aerazione e ad altri tre ingressi vigilati, muniti di videosorveglianza e sensori e, proprio per questo, bypassabili…
L’analisi proposta rappresenta, nella sua essenza, una visione estrema dell’evoluzione del conflitto in atto. Ma al di là di ogni plausibile, per quanto fantasiosa, di ogni considerazione in senso pacifista, l’analisi delineata rende più chiaro il fosco panorama nel quale il regime teocratico iraniano si è avvolto nei decenni di potere.
Solo un reale ed accertato disarmo, quantomeno in merito alle dotazioni di vettori a lungo raggio, potrebbe essere una garanzia essenziale di un ripristino delle condizioni di vita sostenibili per la popolazione iraniana già provata da anni di tirannia e di pacifica convivenza nell’intero Medio Oriente.
P.S. Eventuali omissioni o parziali inesattezze rilevabili nell’analisi proposta sono da addurre ad ovvie censure imposte dall’Editore in considerazione dell’attuale situazione geopolitica