A detta dell’ ambasciatore permanente all’Onu, Bashar al-Jaafari, il capo della delegazione del regime siriano, il summit avvenuto al Rixos di Astana, in Kazakistan, è stato un successo: “ Abbiamo lavorato per oltre due giorni scrupolosamente giorno e notte per rendere questa riunione un successo e abbiamo fatto ogni cosa per rimuovere gli ostacoli”. Ha commentato così al-Jaafari, l’intesa trovata da Russia, Iran e Turchia sulla creazione di un meccanismo per il monitoraggio del cessate il fuoco in Siria, auspicando che la tregua possa aprire la strada al dialogo tra siriani. La Turchia quindi si impegnerà a frenare i ribelli che hanno confermato la loro adesione alla tregua. L’Iran monitorerà le milizie sciite e la Russia si è resa garante dell’esercito regolare capeggiato da Bashar al-Assad
Presente all’importante incontro, anche, e non poteva essere altrimenti, il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev, che come riportato dalla stampa russa, ha affermato: “Il Kazakistan è convinto che la sola strada per trovare una soluzione alla crisi siriana sia quella negoziale”, e che tali colloqui devono fondarsi su “mutua fiducia e comprensione“. Il meeting di oggi creerà le condizioni necessarie affinché tutte le parti convergano verso una soluzione conveniente, nell’ambito del processo di pace di Ginevra”
Alexander Lavrentyev, invece ha rappresentato la Russia, come inviato speciale per la Siria. In veste solo di osservatore c’era George Krol, ambasciatore degli Stati Uniti in Kazakistan. Il vice ministro degli Esteri, Hossein Jaberi Ansari ha rappresentato l’Iran, mentre Sedat Onal, vice vice sottosegretario per il Medio oriente e l’Africa presso il ministero degli Esteri faceva parte della delegazione turca. Presente all’evento anche Staffan De Mistura, l’inviato delle Nazioni Unite. Il motivo dell’importante incontro è stato quello di avviare nuovi negoziati di pace per cercare, almeno, di riportare ad Aleppo e in tutto il territorio siriano, un minimo di stabilità. Ma nonostante questo, l’emergenza umanitaria del Paese non accenna a rientrare, anzi.
E’ infatti di soli pochi giorni fa la notizia di un intenso attacco, avvenuto a Deir Ez Zor, città ancora sotto assedio e dove oltre 40.000 bambini sono in estremo pericolo, come dichiarato da Geert Cappelaere, Direttore Regionale Unicef per Nord Africa e Medio Oriente. Bombardamenti indiscriminati hanno ucciso dozzine di civili e costretto le altre persone a rimanere nelle proprie case. I prezzi del cibo sono aumentati a dismisura fino a raggiungere livelli tra le 5 e le 10 volte superiori rispetto alla capitale Damasco
Come riportato da UNRIC, il Centro Regionale delle Nazioni Unite risultano essere 7 milioni i civili che necessitano di assistenza sanitaria in Siria.
L’infografica dell’ OCHA, l’Ufficio delle Nazione Unite per il coordinamento degli affari umanitari, e che qui riportiamo, offre una panoramica aggiornata della situazione nel territorio siriano, dove gli scontri tra i gruppi di opposizione e i lealisti del presidente Bashar al-Assad, iniziati nel marzo 2011, hanno causato più di 370.000 morti e strappato 6 milioni di persone dalle loro case. Questi i dati riferiti da SOHR, l’Osservatorio siriano per i diritti umani, gestito dall’attivista siriano Rami Abdulrahman che è riuscito a raccogliere e validare i suoi dati grazie ad una rete di centinaia di volontari in Siria.
Dati questi che abbiamo sentito aumentare vertiginosamente di giorno in giorno. Ma chi sono state davvero le parti coinvolte in questo conflitto? Chi ha giocato un ruolo fondamentale in questa guerra? Una guerra in cui molti si sono sporcati le mani di sangue.
Il conflitto inizia e ci viene riportato da più fonti come una sollevazione popolare, un’altra primavera araba, dove il popolo si rivolta contro un dittatore sanguinario e senza scrupoli, Bashar al-Assad. Ma in verità la situazione era ed è decisamente più complessa. Gli scontri tra l’esercito siriano e i ribelli diventano da subito accesi e sanguinari, provocando migliaia di morti tra la popolazione civile. Una responsabilità, questa, che verrà attribuita, per ovvi motivi, non all’esercito siriano ma ai ribelli che lottano contro il regime.
Assad non è comunque l’unico ad avere i riflettori puntati, anche la superpotenza mondiale USA è additata da molti come la causa di una delle peggiori catastrofi umanitarie, insieme al gruppo di nazioni da lei guidata. Da subito infatti l’attenzione internazionale punta lo sguardo sugli scontri fra l’esercito di Assad e i ribelli. E, immediatamente e per ragioni politico-strategiche, si creano due differenti schieramenti.
Fra gli Stati che appoggiano economicamente e militarmente le forze ribelli che hanno come riferimento politico la Coalizione Nazionale Siriana vi sono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia e i più importanti stati sunniti del Medio Oriente tra cui il Qatar, l’Arabia Saudita e la Turchia, quest’ultimi hanno esteso il loro appoggio anche alle fazioni più integraliste.
Ma il governo di Damasco, ha ricevuto sostegno finanziario, militare e soprattutto politico da parte della Russia e dell’Iran. Un sostegno minore è arrivato invece dalla Corea del Nord , dal Venezuela e dall’Iraq, che ha subito lo sconfinamento di alcune milizie islamiste. La crisi siriana e la sua evoluzione è stata comunque seguita anche da quei paesi che inizialmente si dichiaravano neutrali. Come la Germania e il nostro paese, l’Italia, che ha però mostrato posizioni ambivalenti. Da una parte infatti si è criticato il governo siriano sottoscrivendo al G20 di San Pietroburgo un documento che lo accusava dell’utilizzo di armi chimiche, dall’altro è stato negato qualsiasi utilizzo delle basi aeree italiane in caso di attacco alla Siria. Lo stesso governo italiano aveva spinto, in sede Onu, per un coinvolgimento maggiore dell’Iran nella soluzione politica della crisi.
Ma, secondo le rivelazioni del Generale Wesley Clark, l’ex comandante supremo della Nato, già da dopo i feroci attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, il Pentagono voleva imporre un cambio di regime in Siria. Non solo, altri territori erano nel mirino del quartier generale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America: Libano, Iraq, Iran, Somalia e Sudan.
Gli attacchi terroristici erano solo un pretest, considerando che l’idea di rimpiazzare di Assad era stata già premeditata nel 2006, ovvero 5 anni prima dell’inizio della guerra in Siria, il 15 marzo del 2011, e ancor prima degli stessi attentati in America. Tutto questo è stato rivelato da Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks che ha dedicato un intero capitolo alla Siria nel libro “I File di WikiLeaks”, dove il whistleblower rivelava il piano di Washington contro il governo di Damasco che non aveva nulla a che fare con la rivolta del popolo siriano. Un piano che mirava a enfatizzare le tensioni fra sciiti e sunniti, diffondendo e distorcendo le notizie, molte delle quali false e infondate. Una su tutte? Il fatto che l’Iran volesse convertire i sunniti. Mentre erano solo un modo per favorire l’Arabia Saudita e l’Egitto, indebolendo, e dare una percezione sbagliata sull’Iran.
L’ex comandante della Nato, Wesley ha più volte sottolineato come i ribelli dell’Isis altro non erano che un gruppo terrorista, creato a tavolino dagli alleati degli Stati Uniti per combattere contro gli Hezbollah. Un gioco che di fatto sembra essergli sfuggito di mano, visto che l’Isis si è fortificato proprio per mano dei finanziamenti degli “alleati” nel corso della guerra nel Kosovo.
“Il nostro maggior problema in Siria erano i nostri alleati nella regione. I turchi erano meravigliosi, i sauditi e quelli degli Emirati sono stati ottimi alleati degli Stati Uniti, tuttavia che hanno fatto? Hanno inviato centinaia di milioni di dollari e decine di migliaia di tonnellate di armi a tutti quelli che hanno accettato di combattere contro il Governo della Siria”, ha affermato durante un’intervista alla CNN, Clark.
Ma l’Isis non è stata solo opera degli USA, ma anche del regime di Israele e del Regno Unito. Su quest’ultimo alleato degli americani ne aveva parlato anche Edward Snowden, l’ex analista della NSA, l’ Agenzia di Sicurezza Nazionale americana .
Tesi sostenuta anche dall’ex Ministro degli Esteri francese, Roland Dumas, che nel 2013 nel corso di un’intervista televisiva, aveva affermato: “ Due anni prima che scoppiasse la rivolta armata siriana ho incontrato degli alti funzionari britannici, i quali hanno confessato che stavano preparando qualcosa in Siria. Questo è avvenuto in Gran Bretagna, e non (solo) in America come sempre si pensa. L’Inghilterra stava organizzando l’invasione dei ribelli armati in Siria. In altre parole, questa operazione è stata preparata, concepita e pianificata con largo anticipo”.
L’Inghilterra infatti pur non scendendo direttamente in campo a livello militare, di fatto ha lavorato bene “dietro le quinte” degli scenari politici per i propri interessi geopolitici ed economici.
Ma è nel 2015 quando la Russia di Putin entra in scena a fianco di Assad contro i ribelli che c’è la svolta. Questo mentre l’America prosegue a combattere l’Isis insieme ai curdi siriani. I rapporti tesi fra Usa e Russia a causa del conflitto siriano si sono accentuati ancora di più, soprattutto dopo le accuse rivolte ai russi dagli americani per la violazione dei diritti umani e i crimini di guerra per mano dei russi e dell’alleato Assad.
Ma gli scenari fra le due potenze politiche e in Siria potrebbero cambiare con il neo eletto Presidente americano. Donald Trump non ha mai fatto mistero di voler ricucire le relazioni con la Russia. Questo potrebbe portare a un’inversione di alleanze con i gruppi dei ribelli che, fino a ora, era invece stata portata avanti da Washington.