a cura di Raja
Nell’ottobre scorso l’Eta basca è tornata a far parlare di sé. A distanza di mesi dal suo disarmo, infatti, ha presentato una richiesta di riduzione di pena al ministero degli Interni spagnolo per il 45% dei detenuti appartenuti al gruppo terrorista. Nell’appello, gli ex terroristi chiedevano un consistente sconto del periodo di detenzione in considerazione dei periodi già scontato nelle carceri francesi. Ma in risposta, la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha respinto l’appello in quanto la Spagna non ha violato la Convenzione europea sui diritti umani nel calcolo delle pene detentive rifiutando di tenere conto della parte di pena trascorsa dai detenuti baschi in Francia.
La sentenza, dunque, impedisce a 69 dei 234 ex terroristi baschi attualmente nelle carceri di vedere la propria condanna abbreviata, anche considerato che non vi è retroattività nel calcolo della durata della pena massima di 30 anni.
Il bollettino di guerra dell’Eta
Proprio pochi giorni fa sul quotidiano basco Gara è stato pubblicato una sorta di resoconto delle azioni dell’Eta. Nel suo ultimo “zutabe”, il bollettino dell’organizzazione, il gruppo si è assunto la responsabilità di 758 omicidi e 2.606 attentati, compresi quelli non ufficialmente rivendicati. Come l’attacco alla caffetteria Rolando in Calle del Correo a Madrid nel 1974, accusando le autorità spagnole di avere attribuito loro anche incidenti, come l’incendio dell’Hotel Corona de Aragòn a Saragozza del 1979, nel quale morirono 83 persone. Il gruppo terrorista, inoltre, rivendica di aver compiuto in totale 365 attacchi contro la Guardia Civil uccidendo 186 agenti, 215 contro “forze di polizia spagnole” in cui morirono 139 agenti e 147 azioni contro l’esercito in cui 122 soldati hanno perso la vita. Inoltre, il ricorso ai sequestri di persona da parte dell’Eta negli anni ’90 fu indotto dalle necessità di auto-finanziamento del gruppo separatista entrato in forte crisi di liquidità a causa delle difficoltà tecniche e operative causate dal pressione della polizia.
L’attentato pianificato nel 2001 in danno dell’allora premier Josè Maria Aznar, rimasto incompiuto, viene rivelato nel dettaglio sul medesimo bollettino dove si specifica che “c’erano tre progetti di attacchi con missili che avrebbero dovuto colpirlo mentre era in volo”. L’Eta ammette anche che la strage del 19 giugno 1987 all’Hipercor di Barcellona, dove persero la vita 21 persone e 45 rimasero ferite: ”E’ stato il più grande errore e una vergogna”. A differenza dei consueti bersagli quali le installazioni militari, i poliziotti e i membri della Guardia Civil, questo fu il primo caso che vide come obiettivo un luogo pubblico. In quella circostanza il gruppo basco avvisò la polizia locale di Barcellona alcuni minuti prima della detonazione dell’ordigno. A seguito delle successive indagini e sentenze, gli autori dell’attentato vennero condannati a più di 700 anni di carcere ma, nel contempo, nel 1994 anche lo Stato iberico fu soggetto a un pesante condanna per negligenza, per non avere ottemperato in tempo all’evacuazione del centro commerciale.
L’Eta rivendicò decine di attentati durante gli anni di attività terrorista avvisando, comunque, le autorità dell’imminenza delle esplosioni per consentire l’allontanamento dei civili.
La nascita del movimento separatista
Tutto iniziò nel quartiere di Gros, nella città basca di San Sebastian nel 1958. Un gruppo di studenti contestatori, frustrati dal moderatismo del Partito Nazionalista Basco durante il regime di Franco, decidono di fondare un’organizzazione focalizzata sull’attivismo militante. Lo chiamarono Euskadi Ta Askatasuna (patria basca e libertà), con il principio cardine di lotta armata finalizzata all’indipendenza dei Paesi Baschi. ”L’obiettivo principale dell’Eta era quello di alimentare il processo democratico da sviluppare in Euskal Herria e creare un ambiente appropriato per il dialogo”, spiega il gruppo sul bollettino pubblicato nell’aprile 2018. Il gruppo separatista basco ha sempre sostenuto che la propria lotta sarebbe dovuta proseguire sia impugnando le armi, sia attraverso la politica. Il simbolo dell’organizzazione, infatti, è un serpente avvolto attorno a un’ascia. Il serpente raffigura la politica e l’ascia la lotta armata, mentre il motto recita: “Bietan jarrai”, perseguire entrambi.
Dopo centinaia di omicidi, in gran parte in danno di persone ricattate economicamente e di numerosi attentati con autobombe, l’Eta si scioglie nel maggio 2018, con l’invio del comunicato ufficiale pubblicato sul giornale Gara in cui annuncia che “il ciclo storico della lotta armata è finito”, “tutte le sue strutture operative verranno sciolte e la decisione è definitiva” perché l’Eta “non serve più”. A distanza di pochi giorni dallo scioglimento, i membri del gruppo terrorista dichiarano che “come risultato di errori o decisioni errate, l’Eta ha anche provocato vittime che non avevano una partecipazione diretta al conflitto”. Le loro scuse non sono state accolte dalla Fondazione per le vittime del terrorismo. La presidente della fondazione, María del Mar Blanco, definisce le scuse degli “etarras”, cosi chiamati i membri dell’Eta, come un tentativo che mira a riscrivere la storia e di giustificare le atrocità commesse, considerando la loro differenza tra vittime giuste e casuali. “Trovo vergognoso e immorale che possano fare una distinzione fra le persone che hanno “meritato” una pallottola nella nuca o una bomba nell’automobile e le “vittime accidentali” che non lo meritavano”, ha detto. Il disarmo dell’Eta viene definito dal presidente Rajoy come “la conseguenza della democrazia spagnola”, aggiungendo che i colpevoli non possono sperare in alcun trattamento speciale o impunità: “Si sciolga definitivamente, chieda perdono alle vittime e scompaia”. In riferimento alle scuse da parte dell’Eta si è pronunciata anche la presidente del comitato delle vittime del terrorismo di San Sebastian, Consuelo Ordoñez : “L’unica frase decente che i terroristi potrebbero pronunciare dovrebbe essere ‘non saremmo mai dovuti esistere’”.
Oltre alle 758 vittime, la mattanza al grido “Gora Euskadi” ha provocato un bilancio di 2.597 feriti ufficialmente riconosciuti. Più di 60 bambini, alcuni dei quali con mutilazioni, 709 feriti rimasti con una grande disabilità o invalidità permanente o totale e 8 minori rimasti orfani.