a cura di Raja
Ofcs.report continua a offrire una panoramica, per quanto possibile esauriente, della sicurezza di realtà a rischio. In questa puntata abbiamo voluto descrivere quella di Parigi, vittima di sanguinosi attentati che non hanno comunque intaccato la determinazione dei residenti di ritornare a vivere nella quasi assoluta normalità. Il 13 novembre prossimo, infatti, ricorre il terzo anniversario della strage al Bataclan.
Charlie Hebdo tre anni dopo
La prima tappa, quasi obbligata del nostro reportage, è l’ex redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, colpita il 7 gennaio 2015 da un devastante attacco di un commando jihadista. L’edificio è ormai disabitato e lo scenario che si presenta ha come sottofondo un silenzio assordante e appare come un elemento a sé stante tra i palazzi circostanti. Vi sono alcune transenne poste di fronte al civico 6 di Rue Nicolas Appert per semplici questioni di viabilità, ma questo particolare non fa altro che aumentare la sensazione di un luogo desolato. I segni delle esplosioni sono ancora visibili all’ingresso della redazione e, nonostante l’accesso sia libero a tutti, in questi minuti non transita nessuno e si ha l’impressione di trovarsi in un luogo quasi sacro e inviolabile. Tutti i locali sono rimasti intatti dal giorno in cui la notizia dell’attacco fece il giro del mondo. Solo in occasione delle ricorrenze della strage sono stati dipinti alcuni murales in memoria delle vittime . La scritta “Tout est pardonné”, intende esprimere l’atteggiamento palesato dai parigini successivamente all’attentato in favore di una normale ripresa della vita quotidiana sulla quale non pesasse l’accaduto.
La satira espressa dal settimanale e dai suoi autori è parte integrante dello stile di vita transalpino e parigino in particolare. E i cittadini, anche se in buona parte in disaccordo con i contenuti, rivendicano la libertà di espressione palesata dalle pagine di Charlie.
Il direttore del settimanale, Stéphane Charbonnier, ucciso nell’attentato, nel 2012 lasciò un’evidente traccia del suo pensiero nella frase, parte del murales commemorativo, “Non ho paura delle rappresaglie. Non ho figli, niente moglie, niente auto, niente credito. Deve essere un po’ sfarzoso quello che sto dicendo, ma preferisco morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio”.
“À la Bonne Bière”
Nel novembre del 2015, un’ondata di attentati sconvolse Parigi. Tra gli obiettivi a essere colpiti vi fu la brasserie “À la Bonne Bière”, dove il commando, giunto a bordo di un veicolo, aprì il fuoco contro gli avventori del locale uccidendo 5 persone e ferendone altre 8.
Siamo seduti all’esterno della brasserie a un tavolino che si affaccia sulla strada e veniamo serviti dai simpatici membri dello staff, che subito dopo l’ordinazione ci chiedono se desideriamo cambiare posto. L’invito ci è rivolto, probabilmente, per la posizione molto vicina alla sede stradale che per alcuni turisti di passaggio è considerata a rischio. Non ritenendo opportuno spostarci e avendo gradito la disponibilità dei camerieri, ci rendiamo conto che nessuno di loro si mostra ostile nel raccontarci gli effetti di quanto avvenuto la sera del 13 novembre 2015, quando una sparatoria coinvolse il locale poco prima dell’attacco al Bataclan.
Antoine, in compagnia del suo manager Christian, ci racconta che due membri del personale che erano presenti all’attacco lavorano ancora lì e che spesso ci sono persone che si fermano a pregare accanto al locale, parenti delle vittime e persone comuni che ancora risentono dello shock subìto dalla sparatoria. Antoine dice, parlando sicuramente a nome di tutti i suoi colleghi, che loro non sono spaventati e non hanno paura, sono solo impegnati nel lavoro quotidiano. Infatti si percepisce un clima consapevole ma sereno, senza che qualcuno si guardi attorno con aria circospetta, il motto è “We keep going!”.
Il ricordo del Bataclan
La sala concerti Bataclan, il 13 novembre 2015, fu teatro della morte di 89 giovani, trucidati da un commando suicida jihadista composto da 7 miliziani muniti di armi automatiche e giubbetti esplosivi. Altre centinaia di ragazzi rimasero feriti e ancora oggi molti risentono dello shock subito in quella serata. Il caso volle che la strage venne perpetrata al suono del pezzo “Kiss the devil”.
Nel cafè accanto al Bataclan conosciamo Licia, una dipendente italiana che vive a Parigi dal 2015. “Ero arrivata da poco in Francia e da italiana ho avuto tutto un altro tipo di reazione, al punto che il giorno dopo l’attentato ho mandato il mio vicino di casa a comprarmi le sigarette. Avevo paura ad uscire, però i francesi erano tutti per strada”.
Racconta che in precedenza il teatro non era così strutturato e che dopo l’attentato furono effettuati dei lavori, dividendo la sala spettacoli dal bar. La sera dell’attentato Licia lavorava in un locale vicino al teatro e, trattandosi di un venerdì, vi era un moderato afflusso di clienti. Non si accorse di cosa stesse accadendo a pochi metri di distanza, fino a quando improvvisamente entrò una ragazza sporca di sangue che ruppe un bicchiere di vetro nella sua mano per lo shock, identico a quello che abbiamo sul tavolino mentre la intervistiamo.
Da quel momento cominciarono a cercare rifugio persone che entravano anche solo per chiedere un telefono, mentre Licia ricorda con terrore che il locale dove lavora era circondato da sole vetrate e senza uscite di sicurezza.
Le chiediamo se avverta delle differenze tra prima e dopo l’attentato nel contesto sociale e in relazione alla sicurezza. Ci dice che la situazione è stata gestita molto bene dai francesi, ricordando che Parigi è una città che comprende un’alta percentuale di stranieri e la convivenza pacifica è del tutto nella norma, senza alcun accenno di razzismo. L’integrazione è facilitata, ad esempio, anche dalla presenza di tante etnie diverse all’interno delle forze di polizia, pertanto il senso di sicurezza è comunemente avvertito anche tramite questi particolari. Non si avverte alcun problema di discriminazione.
Licia se si sente sicura, protetta a Parigi dopo gli eventi terroristici. E aggiunge che “è come se i francesi se lo sentissero. Sono abituati a non fare differenze, quindi sanno che il pericolo può venire da chiunque. Hanno ovviamente intensificato i controlli”. Facciamo un breve accenno alla procedura del Vigipirate, il modello di sicurezza integrata del sistema anti-terrorismo francese e mi conferma che la vigilanza è stata estesa a seguito degli attentati in quasi tutte le attività commerciali e nella maggior parte degli edifici pubblici. “Mi ricordo che già nella metropolitana alle 5 di pomeriggio del giorno dell’attentato – aggiunge – si sentiva una strana tensione, come se ci fosse qualcosa nell’aria. Il giorno dopo erano tutti fuori, per strada e non barricati dentro casa, come dicevo, ma sembrava quasi surreale. Ero uscita anch’io dopo un po’. Ma nonostante il rumore delle macchine, l’ambiente era comunque silenzioso, le persone non parlavano”.
Il dispositivo nazionale Vigipirate
Il Vigipirate, acronimo di Vigilance et Protection des Installations contre les Risques d’Attentat Terroriste à l’Explosif, (vigilanza e protezione dei servizi contro il rischio di attentati terroristi esplosivi) è un piano di sicurezza ideato nel 1978 dall’allora presidente francese Valéry Giscard d’Estaing. Nel febbraio 2014 la scala di allarme è stata ridotta a due livelli: “vigilanza” e “allerta attentati”.
Lo stato di allerta rosso è rimasto in vigore dagli attentati di Londra del 2005 al 19 marzo 2012, in occasione della sparatoria di Tolosa, dove è stato portato a scarlatto. Il livello di allarme attentati è stato proclamato in seguito all’attentato alla sede di Charlie Hebdo.
Gli attacchi terroristici del 2015 e 2016 e le disposizioni legislative successivamente adottate, hanno portato a una revisione del piano Vigipirate per adattarlo a una minaccia particolarmente elevata. La nuova versione del dispositivo Vigipirate si basa su tre punti salienti: lo sviluppo di una cultura della sicurezza individuale e collettiva estesa all’intera società civile; la creazione di 3 livelli adattati alla minaccia e materializzati da loghi visibili nello spazio pubblico (vigilanza – rischio di attacco – urgenza attentato emergenza); l’attuazione di nuove misure che rafforzano l’azione del governo nella lotta contro il terrorismo. L’implementazione del piano Vigipirate si basa sulla combinazione di 3 elementi principali. Il primo è la valutazione della minaccia terroristica in Francia e contro gli interessi e le comunità presenti all’estero; il secondo è conoscere le vulnerabilità dei principali potenziali obiettivi di attacco terroristico al fine di ridurle; il terzo è determinare un dispositivo di sicurezza che soddisfi il livello di rischio. L’intero piano si basa essenzialmente sulle attività informative dell’intelligence transalpina che trasmette i risultati al Segretariato generale per la difesa e la sicurezza nazionale, competente per le successive misure da adottare. Complessivamente il piano Vigipirate comprende circa 300 misure permanenti applicate a 13 aree principali di attività (trasporti, salute, ecc…) e misure complementari attivate in base alla minaccia terroristica, alcune della quali “classificate”.
La percezione della sicurezza oggi
Siamo in Place de la République ed è prevista una manifestazione dai toni assolutamente pacifici. Nonostante questo i reparti di Police nationale e Gendarmerie sono schierati anzitempo con blindati e tenuta da ordine pubblico.
Il dispositivo di sicurezza in città è attivo in modo continuativo e i controlli sono ricorrenti. La signora Vivienne, di passaggio, riferisce dell’intensificazione della vigilanza della pattuglie di polizia dopo gli attentati che, certamente, contribuisce a trasmettere ai cittadini una sensazione di “protezione” da nuovi attacchi. Vivienne non era in città il giorno degli attentati del novembre 2015 ed è tornata a Parigi il giorno dopo, recandosi col marito in tutti i luoghi colpiti dagli attacchi terroristici: “Ricordo che c’erano fiori ovunque. Place de la République ne era tutta contornata”. Ma quando le rivolgiamo la stessa domanda sulla percezione della sicurezza a Parigi, risponde: “Vivo qui, ho sempre vissuto qui. Magari non sei sicura da nessuna parte, ma io amo Parigi. È casa mia. Mi sento sicura qui”.
Dopo gli attentati del 2015, sono state numerose le segnalazioni e i falsi allarmi che hanno riguardato centri nevralgici della vita parigina, come monumenti, poli di attrazione turistica e sale di intrattenimento. Anche all’interno del polo commerciale Les Halles, ad esempio, i controlli sono costanti in tutta l’area e sono disposti con pattuglie automontate di polizia e vigili. In particolare la Police nationale è in parte delegata all’attuazione del piano “Vigipirate”. A Les Halles, nel 2016 un falso allarme alla chiesa Saint Leu – Saint Gilles, che segnalò una sparatoria e una presa di ostaggi, indusse gli apparati di sicurezza a rinforzare i dispositivi a protezione de i fedeli in transito.
In occasione della prima domenica del mese, l’operazione Paris Respire prevede la chiusura al traffico delle vie principali delle città, compresa l’Avenue des Champs-Élysées e l’accesso all’area pedonale è consentito solo dopo aver oltrepassato meticolosi controlli di sicurezza. Anche l’accesso al Palazzo dell’Eliseo è chiuso al pubblico e l’edificio è transennato, con la polizia che piantona le vie laterali entro apposite garitte poste ai lati della strada, pattuglie appiedate e postazioni mobili. Continua, inoltre, l’operazione “Sentinelle” voluta dall’ex premier François Hollande che, con il contributo dei militari dell’Armée de Terre, mira a rinforzare le procedure relative al dispositivo Vigipirate.
Nonostante la percezione dall’esterno di “una Francia assuefatta dal terrorismo” (nessuno infatti trascura la possibilità che da un momento all’altro possa succedere qualcosa ad opera di gruppi di terroristi o lupi solitari), non si coglie alcun timore che impedisca il normale svolgimento della vita quotidiana. L’assuefazione sl terrore sarebbe “suonata” come una sconfitta. E non sembra affatto che questa gente voglia mollare la presa.